Si riporta di seguito la lettera del presidente Confesercenti di Ravenna, Mauro Tagiuri e del direttore, Graziano Gozi indirizzata al sindaco di Ravenna Michele de Pascale.
“Signor Sindaco,
non ci stancheremo mai di ripetere che ci è chiara l’emergenza sanitaria e che la pandemia va contrastata. Ci preme tuttavia evidenziare diversi aspetti e vorremmo si guardasse la realtà dei fatti. Dall’8 marzo Ravenna è in zona rossa. È la sesta settimana di zona rossa. Cosa cambia rispetto a quella arancione? Che sono chiusi i negozi di abbigliamento, calzature e oreficerie, oltre a quelli dei parrucchieri ed estetisti. Poi c’è una lunga lista di “attività essenziali” cui è consentita l’apertura. Dentro a questi c’è di tutto: fioristi, ferramenta, profumerie, negozi di articoli sportivi, negozi di casalinghi, ottici, concessionarie d’auto, negozi di biancheria, negozi di telefonia, negozi di elettrodomestici, negozi di abbigliamento per bambini, edicole, cartolerie, librerie, eccetera, eccetera. Lo scenario diventa quello di un contesto in cui la parte preponderante delle attività commerciali è aperta ed una minoranza chiusa. Una evidente discriminazione del tutto irragionevole. Le sembra uno schema serio? Lei crede veramente che la pandemia possa essere arrestata in questo modo? Impedendo di lavorare a pochi esercizi commerciali che rispettano i protocolli di sicurezza e fanno entrare poche persone per volta nella propria attività? Per noi è una visione totalmente sbagliata e se anche a Lei sembra che ci sia qualcosa da correggere, Le chiediamo di fare tutto il possibile ed intervenire. Le scelte del Governo, della Regione sembrano tese a voler “salvare” la stagione turistica. É comprensibile e condivisibile. Ma esiste una “stagione” anche per abbigliamento e calzature, purtroppo pare non essersene accorto nessuno. I magazzini dei negozi sono pieni di merci, le nostre attività sono chiuse da oltre un mese e non sappiamo quando potremo riaprire. I nostri sono settori su cui c’è stata scarsa attenzione anche nelle politiche dei sostegni. Non ce la facciamo più! Molti di noi, seriamente, rischiano di non poter più riaprire. Il nostro è un grido disperato: fateci aprire subito! Ogni giorno che passa può essere quello che ci impedisce di sopravvivere”.