In occasione del 25 novembre, data dedicata al contrasto alla violenza contro le donne, Italia Viva presenta una mozione sull’educazione finanziaria “quale strumento per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne”, documento presentato in previsione del prossimo consiglio comunale in programma a dicembre:

“Un nuovo tema, con un nuovo punto di vista per dare sostegno a questa battaglia. È in questa direzione che va l’iniziativa di Italia Viva, che, a livello romano, attraverso un emendamento al Decreto Rilancio, ha istituito il Reddito di libertà: un aiuto economico mensile per le donne che subiscono violenza, al fine di sostenerne lo sviluppo di un progetto di vita indipendente.” evidenziano Alessio Grillini, capogruppo in consiglio comunale, e i coordinatori per la Romagna Faentina Federica Rosetti e Mirko Rivalta. “Un contributo, già esigibile, che aiuta le donne a scardinare il ricatto della dipendenza economica dall’uomo violento, che ne azzera la libertà di scelta e di autodeterminazione”.

In particolare, in base ai dati preoccupanti che raccontano un fenomeno in costante aumento, Federica Rosetti sottolinea come: “Il contrasto alla violenza di genere deve diventare sempre di più un tema al centro dell’agenda di ogni comunità e in particolare al centro dell’agenda di Faenza, città che ha conosciuto da vicino la tragedia della violenza di genere nell’ambito familiare”

Il testo della mozione:

Premesso che:

  • Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite;
  • In tale occasione i Governi, le organizzazioni internazionali e le Ong sono invitati ad organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema;
  • I dati e le ricerche pubblicate negli ultimi anni, ci dicono che la violenza contro le donne nel nostro Paese è un fenomeno ampio, diffuso e strutturale, con profonde radici culturali. Nella gran parte dei casi gli autori della violenza sono il partner, i parenti o gli amici. Nei casi più estremi la violenza contro le donne può portare al femminicidio;
  • Con legge 27 giugno 2013, n. 77, l’Italia ha ratificato la cosiddetta Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica), il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;
  • Il contrasto alla violenza maschile contro le donne richiede una strategia politica globale ed interventi di natura diversa che vanno dagli strumenti normativi, all’attività preventiva e repressiva delle forze di polizia, alla giustizia e al lavoro della magistratura, alla tutela delle vittime da parte delle istituzioni pubbliche e la rete di associazioni, alla sensibilizzazione degli operatori sanitari, al coinvolgimento delle agenzie educative, come la famiglia e la scuola. Una strategia che deve fondarsi su di una solida conoscenza delle problematiche, basata su di un’approfondita analisi dei dati disponibili

Considerato che:

  • In questi anni, l’impegno e lo sforzo trasversale, ci hanno portato ad avere, come Paese, un buon impianto normativo in tema di violenza maschile sulle donne su tre fronti: prevenzione dei reati, punizione dei colpevoli e protezione delle vittime
  • C’è una forma di violenza attraverso cui si esercita il potere maschile nelle relazioni di coppia, di cui poco si parla ma che è molto diffusa e talvolta difficile da riconoscere: la violenza economica;
  • Grazie al lavoro di sensibilizzazione condotto sul tema dalle organizzazioni di donne, la violenza economica è stata oggetto di attenzione in sede internazionale quale componente della condotta di controllo coercitivo imposto alle donne dagli uomini violenti nelle relazioni di intimità, fino ad essere codificata dall’articolo 3 della Convenzione di Istanbul.
  • La Convenzione precisa che “con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata”
  • Come si legge nella Guida sulla violenza economica curata dalla casa di accoglienza delle donne maltrattate di Milano (Cadmi), con il contributo della Global Thinking Foundation, “la definizione condivisa, anche a livello internazionale, di violenza economica può essere così espressa: la violenza economica si riferisce ad atti di controllo e monitoraggio del comportamento di una donna in termini di uso e distribuzione del denaro, con la costante minaccia di negare risorse economiche, ovvero attraverso un’esposizione debitoria, o ancora impedendole di avere un lavoro e un’entrata finanziaria personale e di utilizzare le proprie risorse secondo la sua volontà”
  • Essa si manifesta con diversi gradi di intensità: limitazione dell’attività lavorativa, depauperamento del patrimonio, impedimento di conoscere il reddito familiare, di avere una carta di credito o un bancomat, di usare il proprio denaro e il costante controllo su quanto e come si spende, fino al ricatto economico in fase di separazione e il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento. Sono tutte forme di violenza economica, un insieme di atti finalizzati a mantenere la vittima in una condizione di subordinazione e dipendenza
  • La violenza economica è una delle ragioni per cui le donne faticano a denunciare violenze in ambito familiare, soprattutto quando il partner detiene il potere economico, il controllo completo sulle finanze e sulle risorse familiari. In tali situazioni, denunciando il partner violento e lasciando la relazione, queste donne rischiano infatti di ritrovarsi senza una casa, senza risorse economiche, impossibilitate alla riorganizzazione materiale della propria vita, con la paura che le difficoltà economiche possano incidere anche nel rapporto con i figli
  • In tal senso gli strumenti di welfare a sostegno dei percorsi di libertà e autonomia delle donne rivestono un ruolo importante.

Ritenuto che:

  • La dipendenza economica delle donne spesso è uno dei motivi che le porta ad accettare abusi e violenze fisiche. In tal senso, si rende necessario promuovere iniziative al fine di informare le donne sui loro diritti in ambito economico e su come riconoscere la violenza economica ed eliminarla dalla propria vita
  • In tal senso, l’educazione finanziaria può essere un importante strumento di prevenzione e contrasto della violenza economica, nonché strumento volto ad accelerare il processo di uscita dalla violenza e a favorire percorsi di inclusione, per le donne che vogliono tornare ad essere protagoniste della propria vita, riappropriandosi della dimensione sociale, economica e professionale perduta.
  • L’educazione finanziaria, infatti, attraverso l’acquisizione di competenze economico-finanziarie di base, può rafforzare l’autostima facendo emergere gli incentivi giusti per facilitare il raggiungimento di una autonomia economica e personale. In tal senso l’educazione finanziaria è strumento di empowerment;
  • Lo scopo dei progetti e dei percorsi di educazione finanziaria è quello di aiutare le donne a raggiungere autonomia economica e consapevole gestione del denaro e dei propri risparmi, un corretto uso degli strumenti bancari e di pagamento, una maggiore conoscenza delle opportunità di tutela economiche, per contrastare le proprie vulnerabilità e per costruire un futuro indipendente
  • Secondo la definizione dell’OCSE, “l’educazione finanziaria è un processo attraverso il quale i consumatori, i risparmiatori e gli investitori migliorano le loro capacità di comprensione dei prodotti finanziari e dei concetti che ne sono alla base e attraverso istruzioni, informazioni, consigli sviluppano attitudini e conoscenze atte a comprendere i rischi e le opportunità di fare scelte informate, dove ricevere supporto o aiuto per realizzare tali scelte e per le azioni da intraprendere per migliorare il proprio stato e il livello di protezione”;
  • La stessa Strategia Nazionale per l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale (2017-2019), ha indotto a focalizzarsi, tra gli altri aspetti, sui temi dell’educazione finanziaria in favore di gruppi vulnerabili, tra cui appunto le donne;
  • L’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) ha di recente presentato il Gender Policies Report 2020. Il rapporto analizza l’impatto dell’emergenza sanitaria da Covid-19 sulla situazione occupazionale delle donne, confermando che la pandemia ha accentuato le disuguaglianze di genere come il divario che sussiste per le donne rispetto agli uomini nelle competenze finanziarie e che, nei casi più gravi, può sfociare in episodi di “violenza economica”, ancor di più in situazioni di disagio conclamato
  • Anche indagini recenti (2020) svolte dall’Ocse e dalla Banca d’Italia, confermano che le donne, rispetto agli uomini, sono meno alfabetizzate in materia economico-finanziaria. Una condizione, dunque, di maggiore vulnerabilità delle donne soprattutto in una fase di crisi come quella attuale
  • I dati ci dicono, infatti, che le conseguenze economiche della pandemia si sono scaricate in particolare sulle donne, aggravando spesso le diseguaglianze già esistenti. Questa situazione fa si che le donne diventino  in misura maggiore economicamente dipendenti dai loro compagni con conseguenti maggiori difficoltà a sottrarsi alla violenza quando è presente
  • Oggi più che mai, dunque, è necessario che le donne abbiano un insieme di conoscenze e competenze finanziarie che le aiuti a migliorare la relazione tra conoscenza economica e autonomia delle scelte
  • Più in generale aumentare la consapevolezza e la conoscenza delle donne su tematiche economico-finanziarie permette loro di accrescere il benessere economico di se stesse, delle proprie famiglie e del sistema-Paese nel suo complesso
  • Diversi progetti sono stati introdotti negli anni dai centri antiviolenza e dalle associazioni di donne, così come dalla Banca d’Italia, dal Comitato per l’educazione finanziaria e dal terzo settore. Ma è necessario agire su vasta scala, con politiche pubbliche sempre più orientate a contrastare le fragilità economico-finanziarie delle donne a vari livelli, incluso quello territoriale.
  • Gli enti locali, pur nel limite delle loro competenze e risorse, possono svolgere un ruolo fondamentale nella sfida dell’empowerment femminile per la profonda conoscenza del tessuto sociale del loro territorio e la possibilità di un contatto diretto con le donne e gli uomini della comunità che amministrano
  • Tale ruolo troverebbe naturale ed esplicita formalizzazione nel principale strumento di programmazione annuale dei comuni, ovvero nel Documento Unico di Programmazione che “permette l’attività di guida strategica ed operativa” così come definito dal T.U.E.L;

IMPEGNA IL SINDACO E LA GIUNTA COMUNALE

A mettere in campo le politiche e le risorse necessarie, anche attraverso l’individuazione di specifica missione all’interno del prossimo Documento Unico di Programmazione, volte ad implementare progetti e percorsi di educazione finanziaria per le donne vittime di violenza, al fine di prevenire e contrastare la violenza economica, nonché di favorire l’autonomia, l’empowerment e l’integrazione lavorativa delle donne, nella fase di uscita dall’’esperienza di violenza.”