“Meno di un chilometro da una delle Basiliche paleocristiane più preziose dell’antichità, Sant’Apollinare in Classe. E’ questa la breve distanza che separa l’eccezionale rinvenimento posto in luce durante le indagini di archeologia preventiva per la realizzazione delle infrastrutture che legheranno ancora per numerosi decenni al fossile il nostro Paese, ovvero il metanodotto Ravenna mare-Ravenna terra e l’impattante rigassificatore di Ravenna. L’eccezionalità dei ritrovamenti si legge nelle parole appassionate degli archeologi che emozionano i numerosi ed attentissimi visitatori nell’unica e probabilmente ultima giornata in cui gli scavi sono stati aperti al pubblico: possiamo solo vagamente immaginare il loro giubilo man mano che i faticosi scavi procedevano. Un sito che viene presentato in modo avvincente come indissolubilmente legato all’acqua: del resto, per millenni, la storia di Ravenna e della sua costa è stata un susseguirsi di dune, lagune, corsi d’acqua, porti, aree umide, pinete costiere. Sono almeno due i caratteri di eccezionalità del sito: una sorta di pompa per il prelievo delle acque di falda tramite un probabile meccanismo a ruota che garantiva un approvvigionamento di ingenti quantitativi idrici per gli usi delle terme della villa ma forse non solo, ed un controsoffitto in cannicciato palustre, la cui orma è restata eccezionalmente integra. L’archeologo Lambertini spiega che il sistema di sollevamento delle acque presenta alcune analogie con una pompa da nave romana rinvenuta in Liguria, ma, per l’uso di prelievo da acqua di falda, riveste carattere di assoluta unicità per il nostro territorio: ne esiste una simile in Spagna, in parte ricostruita e valorizzata nel sito in cui fu scoperta, e frammenti di un’altra esposti in museo a Londra. Eccezionale anche la posa su legno – sempre immerso in acqua – dei setti in laterizio che reggevano il complicato meccanismo.
La struttura deve ancora essere completamente indagata, e possiamo immaginare, visto il carattere di straordinarietà, che le sorprese non siano finite.
Altro rimando alle civiltà palustri: un ampio controsoffitto in arelle sempre di epoca romana crollato integro, di cui resta l’impronta sul suolo. Anche questo rinvenimento, da quanto è stato illustrato, non ha altri precedenti in quanto a consistenza ed integrità.
Inoltre, da ciò che appare, l’area occupata dalla villa potrebbe essere molto più ampia delle parti messe in luce, che fondamentalmente riguardano solo l’impianto termale e alcuni ambienti vicini alla successiva basilica. Pare però, se abbiamo ben capito, che lo scavo procederà ancora per un po’ ma non verrà ampliato più di tanto.
Dunque, un ritrovamento di valore eccezionale che probabilmente non verrà più riproposto ai visitatori e che potrebbe restare alla luce ancora per poco, nonostante, da ciò che abbiamo appreso, le tubazioni Snam siano già state posate sotto il sito archeologico utilizzando tecniche di perforazione sotterranea, ed il metanodotto già completamente collegato a monte e a valle del sito. Dunque… cosa si aspetta per decidere di restituire alla cittadinanza questo rinvenimento in modo permanente, proteggendolo, lasciandolo visitabile in situ e collegandolo con la Basilica di Classe in modo da ampliarne il valore già eccezionale con un’altra rarità? Ci aspettiamo interventi positivi e di sollecito del Sindaco, della Regione, della Soprintendenza e dell’Università. Il sito di Classe, per essere onesti, così come tutta Ravenna – eccezion fatta per la Domus dei Tappeti di Pietra e la Villa Romana di Russi -, è piuttosto povero di siti archeologici, nonostante si trattasse del più importante porto militare dell’età imperiale e nonostante l’eccezionale ricchezza della storia ravennate in epoca romana, teodoriciana e bizantina. La mania del distruggere o nascondere i luoghi nella loro consistenza materiale e magari riproporne altrove ricostruzioni più o meno addobbate di oggetti rinvenuti potrebbe colpire ancora, privando la cittadinanza tutta di un irripetibile apparato documentale e didattico apprezzabile direttamente sul campo. Altrove, non ci penserebbero nemmeno a ricoprire!
Dunque, un delitto interrompere le ricerche e spogliare lo scavo del proprio tesoro, da relegare in qualche decontestualizzata bacheca di museo magari deserto. Ravenna, non sia nota solo per la ruota di Mirabilandia: si crei un polo dedicato all’eccezionale ruota di sollevamento e alla civiltà d’acque che rese Ravenna Capitale; si apprezzi il lavoro degli archeologi e di chi, millenni fa, ha lasciato tracce così importanti della civiltà a cui apparteniamo che non meritano di essere cancellate.”
Italia Nostra sezione di Ravenna