Finalmente un passo avanti per il parco eolico e fotovoltaico a Ravenna, ma tre passi indietro per quanto riguarda le fonti fossili. Il primo con il rigassificatore che importerebbe shale gas dagli USA, ottenuto con il fracking, tecnica distruttiva e inquinante permanente del sottosuolo. Ma non solo, il secondo passo indietro riguarda anche le estrazioni in Adriatico con conseguente subsidenza, ingressione marina e messa in pericolo di Venezia e Ravenna. E per ultimo lo stoccaggio della CO2, per lasciare i processi produttivi inquinanti e nascondere provvisoriamente la CO2.
Tutto questo facendo credere che così i cittadini pagherebbero di meno il metano in bolletta, il cui prezzo attualmente viene stabilito dalla speculazione mondiale, non certo dal poco metano che si potrebbe estrarre a Ravenna.
A meno che Europa o Governo mettano un tetto politico al prezzo, operazione che, in un mondo dominato dal libero mercato, appare impossibile.
Scatenati poi anche i fossilizzati PRI e FdI che chiedono di trivellare anche entro le 12 miglia dalla costa.
E così anche il dramma della guerra diventa una nuova occasione per tornare alle vecchie inquinanti abitudini e per archiviare ogni conversione ecologica, tanto il riscaldamento globale può aspettare. L’importante è estrarre fino all’ultimo grammo di metano e far arricchire le solite imprese.
Pensare di liberarsi dalla dipendenza del gas russo, per diventare dipendenti di altri gas, significa cercare di risolvere il problema con ciò che l’ha causato. Serve invece un vero piano per dismettere gradualmente l’uso del gas, sia domestico, sia industriale, come stanno facendo altri paesi europei, addirittura produttori.
Nelle nuove abitazioni, in quelle ristrutturate, nel cambio di caldaie obsolete, si deve e si può fare a meno del gas con altri sistemi, come le pompe di calore, ovviamente aumentando la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, senza dimenticare il risparmio energetico.
Servono incentivi e campagne informative, ma soprattutto serve una visione di futuro, che sembra mancare a Ravenna, dove invece si preferisce un “fin che la barca va”.