Dopo le iniziali dichiarazioni e celebrazioni dell’ex Presidente del Consiglio Conte che annunciava la costruzione a Ravenna del più grande deposito di stoccaggio per la CO2 (CCS, Carbon Capture and Storage) del mondo, impianto che sarebbe stato finanziato coi fondi del Next Generation EU, tramite il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il progetto poi scomparve nella stesura definitiva elaborata dal Governo Draghi.
Pensavamo che l’Italia avesse definitivamente abbandonato l’idea di dirottare ingenti fondi pubblici per finanziare quest’opera così critica e che non può far altro che allontanarci dall’obiettivo di abbandonare lo sfruttamento dei combustibili fossili e, invece, scopriamo dalla stampa che il progetto CCS uscito dalla porta pare rientrare dalla finestra. Il tentativo sarebbe infatti quello di finanziare il progetto tramite bandi dedicati a emissioni strategiche di difficile abbattimento.
Quello che però stupisce maggiormente è la facilità con cui ENI dichiara che avvierà le prime lavorazioni preparatorie per l’avvio del progetto pilota già in settembre, come se la cittadinanza e le istituzioni dovessero subire e accettare le scelte dell’azienda.
Ci aspettiamo un duro intervento da parte del Comune di Ravenna e della Regione Emilia-Romagna, a meno che questi enti non abbiano già avviato accordi con ENI, mantenendo la cittadinanza all’oscuro