Il Segretario Provinciale di Ravenna Giovanni Morgese e il Segretario Regionale Armando De Angelis (Modena), non nascondono la propria soddisfazione per aver “arruolato” tra i professionisti posti a disposizione del Sindacato nazionale una importante figura professionale del calibro della dr.ssa Francesca Siboni. La professionista Ravennate si occuperà di sostegno psicologico; psicologia giuridica e forense; consulenze nell’ambito delle valutazioni sanitarie per l’idoneità al servizio militare; consulenze tecniche di parte.
La dr.ssa Siboni nel siglare questa importante collaborazione nata in un momento difficile per il paese e le Istituzioni tutte ha tenuto a precisare: “La pandemia ha aperto scenari futuri sui quali tutti noi ci interroghiamo. Le domande nascono da un terreno emotivo contrassegnato da incertezze e timori tra bisogni di individuare possibilità di difesa del benessere raggiunto e rischi di fallimenti, tra desideri e paure. La crisi coinvolge le persone in maniera concreta e profonda e si ripercuote gravemente sulle situazioni più disagiate e precarie. Ci eravamo abituati a non tenere conto della natura protettiva e di garanzia sociale reale e concreta svolta dalle istituzioni. Una crisi sanitaria, economica di questa ampiezza coinvolge sia i rapporti sociali, che la tenuta delle istituzioni. Tenuta sociale, che si manifesta nel tenere viva una fiducia reciproca tra le persone, tra i gruppi sociali e le organizzazioni in cui si concretizza l’agire istituzionale. A livello individuale il bisogno di compensare la frustrazione dell’isolamento, l’impotenza a far fronte a situazioni estreme, che vedono molti morire, vedono la tendenza ad assumere in modo aggressivo e quasi punitivo, atteggiamenti di controllo e di critica ossessiva di quello che gli altri fanno. Le Nazioni, sulla spinta dell’esigenza di controllare la propagazione e gli effetti del contagio, hanno teso a rinchiudersi entro i propri confini, ad isolarsi dagli altri e a difendere i propri privilegi, ma anche le persone tendono a chiudersi nelle loro realtà familiari o di clan. In questo nuovo contesto, importante è il ruolo di chi svolge un lavoro sociale di cerniera tra istituzioni e singoli individui, tra esigenze pubbliche e comportamenti individuali, tra controllo, protezione e tutela come i componenti dell’Arma dei Carabinieri, che assolvono i loro compiti istituzionali.
Essi si fanno carico delle regole della vita sociale e delle criticità, che nascono in questa area molto ampia di relazioni. L’adattare le regole della vita sociale porta a partecipare e, inevitabilmente, assorbire le preoccupazioni, le ansie, la violenza dei comportamenti e dei progetti criminali, la violenza delle organizzazioni, che si oppongono alle istituzioni dello Stato, ma anche di quelle espressioni di stati mentali alterati, di agiti antisociali, di reazioni esasperate e distruttive di sè e degli altri, di contenere realtà molto complesse di disagio sociale. Fronteggiare e riportare a norma, collaborando con le altre realtà istituzionali impegnate ugualmente a tali fini, nel rispetto delle specifiche competenze, richiede una capacità di collaborazione e rispetto, che a fronte della violenza dei comportamenti criminali richiede una attenzione e consapevolezza delle contraddizioni delle manipolazioni, della natura coinvolgente, a livello personale, di stati soggettivi e personali intensi, con dinamiche di identificazione e di interiorizzazione delle contraddizioni e conflitti per concretizzare e rendere vincolanti le regole che, di volta in volta, sono adottate per far fronte a tali scenari. Uno spazio di comunicazione e rielaborazione dei vissuti è, a questo punto, utile per ridurre il carico emotivo favorendo la difficoltosa comunicazione spontanea, alla quale i componenti dell’Arma, per vari motivi, sono già soggetti. È importante, in una area così carica di tensioni, aprirsi e utilizzare spazi di rielaborazione, riequilibrazione emotiva e riorganizzazione delle risorse personali. Questo, perché la mente, per contrastare l’isolamento, va necessariamente verso pensieri, che riguardano situazioni di pericolo, di contagio, di autoprotezione dalla morte e dalla malattia, sia perché i contatti interpersonali e familiari sono minori e più complicati da attuare.
La dinamica delle istituzioni, che proteggono, corrisponde ad una maggiore esigenza individuale di autoprotezione. Anche in questo periodo di Covid-19 siamo stati, purtroppo, colpiti da alcuni decessi all’interno dell’Arma a causa di gesti di disperazione. Capita, sovente, che le notizie di suicidi all’interno dell’Arma siano frequenti. I suicidi sono espressione di disagio e, tra le varie forme, che sono state individuate nelle motivazioni al suicidio, vi è quella della difficoltà a vivere situazioni dolorose ed inaccettabili e di non riconoscere più il proprio legame con il presente.
I Carabinieri fanno parte di una istituzione militare nazionale. Si trovano ad agire in modalità integrate e coordinate, ma anche, contemporaneamente, devono gestire individualmente, in quanto persone parte di un gruppo di una squadra, di un “corpo Speciale”, ecc…, sono oggetto anche di costituire una linea di fronte a tutta una serie di manifestazioni di irrealtà, scissione, ostilità, sospetto ed altre forme di comportamento disadattivo in individui ,che non hanno sviluppato il meccanismo di associazione.”