L’infezione da virus dell’epatite C (Hcv) rimane una causa significativa di morbilità e mortalità a livello mondiale. Si stima che in Italia ci siano circa 280mila pazienti con Hcv ancora da diagnosticare. È quanto emerge da uno studio basato su un modello matematico presentato lo scorso novembre dalla dottoressa Loreta Kondili, ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità, al Congresso annuale dell’American Association for the Study of Liver Diseases. Lo sviluppo di innovative terapie antivirali ha aggiunto un ottimo profilo di tollerabilità e perme di ottenere l’eradicazione virale nel 90-95 per cento dei pazienti che ricevono il trattamento consentendo di trattare efficacemente anche i casi più difficili e anche nei casi di pazienti che fanno o hanno fatto uso di sostanze stupefacenti. L’utilizzo di queste nuove terapie, in particolare tra questi pazienti, potrebbe dare un forte impulso all’eradicazione di questa patologia oltre a migliorare notevolmente la qualità di vita dei pazienti.
È in corso presso l’AUSL Romagna un progetto multidiscplinare coordinato dal Centro epatologico dell’Ospedale di Faenza e dal dottor Francesco Foschi (nella foto) dell’ospedale manfredo, in collaborazione con servizi per la tossicodipendenza e medici (internisti, infettivologi e gastroenterologi) di tutta l’Azienda ed il Laboratorio unico di Pieve Sistina. Questo progetto ha lo scopo di effettuare, direttamente nelle strutture di riferimento delle persone con tossicodipendenza, la prescrizione di queste nuove terapie dopo aver valutato esami dei pazienti precedentemente effettuati ed una apposita ecografia epatica e fibroscan. Si stima che i casi da trattatre ancora, nell’Azienda Romagna siano poco più di 400.
Un progetto innovativo unico in Italia, tanto che altre realtà extra-romagnole stanno valutando di “adottarlo”, ed il dottor Foschi ha partecipato, nei giorni scorsi, ad una audizione presso il Senato, nell’ambito di una riunione su come, a livello nazionale, questa problematica viene trattata.
“Nonostante l’ottimo lavoro finora svolto – commenta il dottor Foschi – ci sono ancora oggi casi non conosciuti che devono essere individuati e trattati, e l’emersione del sommerso continua quindi a rappresentare una sfida fondamentale per poter mirare a raggiungere l’eradicazione dell’infezione. L’Azienda si sta muovendo a tutto tondo, a questo scopo”.