Crisi energetica, aumento dei prezzi e ridotta reperibilità delle materie prime ma soprattutto bassa crescita e alta inflazione. Nonostante tutto l’Emilia-Romagna riesce a confermare le performance: nel 2022 il Pil emiliano-romagnolo segnerà un incremento del 4,1 per cento, confermandosi ai vertici della graduatoria delle regioni italiane.
Inflazione e costo dell’energia saranno i principali ostacoli alla crescita per il 2023, anno in cui lo scenario pare profilarsi in sensibile rallentamento, caratterizzato da una modesta espansione (+0,6 per cento) ma comunque superiore a quella nazionale (+0,4 per cento) che allinea l’Emilia-Romagna ‘all’area Euro’, allontanando i venti di recessione che sembravano prossimi a investire l’Italia.
È quanto si ricava dal Rapporto sull’economia regionale realizzato in collaborazione tra Regione e Unioncamere, presentato oggi a Bologna.
L’occupazione media regionale, secondo i dati Istat, nei primi nove mesi del 2022 è in crescita dello 0,5% rispetto alla media dello stesso periodo del 2021 (+9 mila lavoratori), ma risulta essere ancora inferiore al 2019 (-31,2 mila occupati, -1,5%).
Le persone in cerca di occupazione sono in calo di mille unità (-0,9%) rispetto al medesimo periodo dello scorso anno e anche rispetto al 2019 (5,7 mila persone in meno, pari a -5,0%).
Per quanto riguarda gli occupati, la dinamica positiva ha interessato in modo particolare la classe 15-64 anni, in crescita di 21 mila unità rispetto alla media dello scorso anno, mentre considerando anche gli over 64 anni, la crescita si attesta attorno a 9 mila unità in più. Il tasso di occupazione medio (15-64 anni) nei tre trimestri 2022 è pari al 69,4%, in crescita di circa un punto percentuale rispetto allo scorso anno, ma ancora al di sotto del dato 2019 (70,4%).
Relativamente alla disoccupazione, il tasso regionale (15-74 anni) è pari al 5,2%, dato sostanzialmente in linea con la media dello scorso anno e leggermente inferiore al dato 2019 (5,4%, sempre come media dei primi tre trimestri dell’anno).
“Vogliamo continuare a investire per rafforzare un argine solido a difesa dell’intero sistema emiliano-romagnolo, in un momento di difficoltà comuni a tutti per le conseguenze della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, oltre che dei due anni di pandemia– sottolinea l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla-. Con le risorse europee, i fondi del Pnrr e risorse proprie della Regione intendiamo investire nel lavoro e sostenere le imprese che innovano e creano buona occupazione, perché crediamo nella grande forza e capacità di reazione nel nostro ecosistema economico, anche a fronte di previsioni che stimano una crescita contenuta per il prossimo anno. L’Emilia-Romagna compete nel mondo con la qualità e l’eccellenza delle sue produzioni e in questa direzione deve continuare a puntare per restare ai vertici nella transizione digitale e sostenibile.”
“L’Emilia-Romagna è tra le regioni italiane con il più alto tasso di crescita, e quindi tra le prime anche in Europa, visto che quest’anno il nostro Paese è cresciuto di più rispetto all’area Euro – commenta Alberto Zambianchi, presidente di Unioncamere Emilia-Romagna-. In valori assoluti nel 2022 la produttività è risultata la quarta a livello nazionale. Sono tanti i numeri che potrebbero essere citati per testimoniare il percorso avviato da tempo dall’Emilia-Romagna volto ad accrescere la produttività, per spostare il baricentro economico della regione verso attività a maggior valore aggiunto e, assieme, per introdurre fattori di innovazione, di nuove competenze, di sostenibilità e di internazionalizzazione all’interno di settori considerati più tradizionali e maturi. I prossimi anni saranno caratterizzati da grandi cambiamenti del contesto competitivo che premierà le imprese capaci di innovare, di stare sui mercati esteri, di valorizzare le competenze. Se sapremo puntare su questi aspetti sicuramente il futuro non ci coglierà impreparati”.
I dati dei settori
È il comparto delle costruzioni, che ha beneficiato del traino degli incentivi, il principale protagonista di questa fase congiunturale. Nel 2022 il valore aggiunto del comparto ha registrato un balzo in avanti del 14,4 per cento. La forte ripresa dell’edilizia determinerà una crescita anche nel 2023, tuttavia di entità ben più modesta rispetto al passato (+1,8 per cento).
L’industria manifatturiera nel corso dell’anno ha progressivamente ridotto la carica propulsiva che aveva consentito già nel 2021 di recuperare quanto perso a causa della pandemia. La crescita del valore aggiunto industriale nel 2022 si collocherà attorno all’1,1 per cento, grazie all’incremento del valore delle esportazioni che ha fatto fronte all’aumento dei costi. Per il 2023 il timore è quello di una variazione di segno negativo (-0,7 per cento).
Il terziario, che vale quasi due terzi dell’economia regionale, ha mostrato una buona capacità di tenuta: nel 2022 tornerà su livelli prossimi a quelli pre-pandemia, forte di una crescita attorno al 4,6 per cento. Anche i servizi nel corso del 2023 risentiranno del rallentamento complessivo: il valore aggiunto dovrebbe registrare un incremento dell’1,1 per cento.
Il commercio ha evidenziato risultati positivi soprattutto per gli esercizi alimentari e la grande distribuzione
Bene anche il turismo, anche se non si è ancora tornati ai livelli pre-pandemia. Sulla prima parte del 2022 ha pesato in modo non trascurabile l’epidemia da Covid, ma l’annata turistica va comunque valutata positivamente. L’industria turistica regionale chiude i primi nove mesi del 2022 con una stima di 54,5 milioni di presenze, in aumento di oltre il 22 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021, ma riportando valori ancora inferiori dello 0,8 per cento rispetto al 2019. Gli arrivi turistici stimati sono quasi 11,5 milioni con un +35 per cento rispetto al 2021 e un -3,7 per cento rispetto al 2019.
L’agricoltura sembra essere il settore che ha sofferto maggiormente nel corso dell’anno. La guerra in Ucraina e la siccità hanno contribuito alla ripresa inflazionistica. Sono aumentate le quotazioni dei prodotti delle coltivazioni e della zootecnia, ma il miglioramento dei prezzi di vendita non si è trasmesso direttamente sulla reddittività in quanto l’inflazione ha gonfiato anche i costi dei fattori produttivi.
Red