“Il 9 marzo di quest’anno l’Udi di Ravenna ha ricordato, a 50 anni dalla sua approvazione, la legge nazionale istitutiva degli asili nido, in un seminario on line molto partecipato, soprattutto dalle operatrici del settore.
Al seminario hanno partecipato, fra le altre, l’Assessora per le politiche della famiglia e dell’infanzia del Comune di Ravenna, Livia Molducci e la segretaria della Cgil Marinella Melandri.
L’intento era quello di ricostruire la lotta storica delle donne , ben prima del 1971, per ottenere un piano nazionale di asili nido essenziali , secondo l’Udi, per l’occupazione femminile, ma anche, nel contempo, per affermare i diritti delle bambine e dei bambini ad una educazione e formazione di qualità:non servizi di custodia, quindi, ma luoghi di crescita e di benessere per l’infanzia.
Per questo li volevamo pubblici, gestiti dai comuni e con una forte partecipazione dei genitori; per questo abbiamo sempre sostenuto tutte le scelte compiute dall’Amministrazione comunale per garantire questi diritti , accogliendo con tante strutture le domande provenienti dalle famiglie e garantendo un progetto pedagogico di alto valore culturale e sociale.
Traguardi importanti sono stati indubbiamente raggiunti nel nostro territorio, sia per i nidi che per le scuole dell’infanzia, in termini di allargamento dei servizi e di mantenimento di un’alta qualità educativa.
Tuttavia, dagli anni 80 in poi, complici la crisi economica, il taglio delle risorse agli Enti Locali, il blocco delle assunzioni e la mancata realizzazione di necessarie riforme nazionali, si è andata affievolendo anche nella nostra regione l’idea di un diritto alla scuola pubblica a partire dal nido, e si sono orientate le scelte della Regione e dei Comuni verso forme di integrazione tra servizi pubblici e privati o verso l’esternalizzazione degli stessi. Un percorso che può anche avere risvolti positivi, ma sul quale manca una seria verifica a livello politico e istituzionale che ne metta in luce pregi e difetti e ne prospetti il futuro. Soprattutto oggi, dopo che la pandemia ha così drammaticamente messo in luce i rischi della privatizzazione di servizi essenziali, imponendo a tutte e tutti una riflessione molto seria in proposito.
Ecco perché le ultime scelte compiute dal nostro Comune di esternalizzare alcuni importanti servizi, ci impongono di dichiarare con nettezza la nostra contrarietà.
Sono diverse le ragioni che ci muovono, già espresse nel seminario del 9 marzo scorso: questa strada ci appare pericolosa perchè compromette l’impianto e la finalità pubblica di servizi essenziali per l’infanzia e per la cittadinanza, mettendo seriamente in discussione il principio ispiratore della gestione pubblica, l’uguaglianza, la rimozione delle disparità economiche e sociali, un’educazione all’autonomia e alle relazioni al di là di ogni barriera. Non ci pare che addurre motivazioni di ordine economico, risparmio e riduzione dei costi, sia sufficiente per decidere di rimuovere la gestione pubblica affidandola a terzi. L’impegno prioritario di un’Amministrazione deve essere sempre rivolto a far emergere l’interesse pubblico, a custodire, innovandolo, un patrimonio di strutture e di valori da sempre riconosciuto, anche fuori dal nostro comune e persino dal nostro paese, come un modello da ammirare e imitare. Ci chiediamo anche in che modo attraverso le gare d’appalto, vengano considerati e garantiti i diritti delle lavoratrici, perchè nel mondo dell’educazione 0- 3 anni lavorano in netta prevalenza le donne.
Concordiamo con la petizione promossa dal Sindacato della Funzione Pubblica della Cgil, sottoscritta da centinaia di operatrici, e con le critiche espresse da altri sindacati, affinchè si apra un tavolo di vero confronto sulle intenzioni politiche dell’Amministrazione comunale di Ravenna sul futuro dei nostri servizi per l’infanzia.”