“Nessuno più di noi tiene alla salute degli animali e delle persone, e quello di diffondere la rabbia è un rischio reale, ma il divieto alle associazioni di introdurre ‘cani e gatti ospitati nei rifugi/canili e cani e gatti randagi aventi origine ucraina’ previsto dalla nota del ministero della Salute di lunedì scorso non ha alcuna giustificazione logica. Ai cani e ai gatti introdotti sotto la responsabilità delle associazioni, quelle riconosciute dal ministero, va semmai applicato lo stesso regime adottato per gli animali al seguito di proprietari provenienti dall’Ucraina, con le procedure differenziate in caso di presenza o assenza di microchip e certificato di vaccinazione antirabbica: a seconda dei casi, periodi di osservazione che vanno da tre a sei mesi, uso obbligatorio di guinzaglio e museruola per i cani e confinamento per i gatti in quarantena”.
Lo chiede la Federazione italiana associazioni diritti animali e ambiente, che raggruppa circa ottanta associazioni di protezione animale e in particolare le cinque fondatrici: Enpa, Lav, Leidaa, Lndc e Oipa.
“Da parte delle associazioni riconosciute – prosegue la Federazione – c’è ovviamente l’impegno a garantire che le necessarie procedure di sicurezza sanitaria siano effettuate all’ingresso nel territorio dell’Unione europea o nel nostro Paese”.