«Da notizie di stampa abbiamo appreso che l’altro ieri, mercoledì, la polizia di Stato ha arrestato nel centro di Ravenna, e subito spedito a Roma per essere espulso e rimpatriato, un tunisino 22enne il cui nome farebbe parte dell’elenco di sospetti affiliati del sedicente Stato Islamico prodotto dal governo di Tunisi. Lista per Ravenna si complimenta con la Questura ravennate per la brillante operazione» commenta Alvaro Ancisi, capogruppo del movimento politico
«Nulla di nuovo però sotto il cielo estivo di Ravenna, dove un anno fa la stessa azione di polizia si è verificata a carico di un 28enne albanese, pericoloso jidaista, già militante nel terrorismo medio-orientale, che si era stabilito con la famiglia nella nostra provincia. Ma questa è la quarta espulsione del genere avvenuta da Ravenna tra il 2018 e il 2019, l’ottava da quando la legge antiterrorismo del 2015 consente di farlo in via cautelativa. Si può considerare nono caso quello del giovane tunisino Noussair Louati, primo foreign fighter (= combattente straniero) “ravennate” arrestato in Italia mentre, nell’aprile 2015, stava imbarcandosi verso il fronte jiadista. Il 5 luglio successivo, La Repubblica, quotidiano caro alla sinistra, aveva intitolato una propria pagina all’“insospettabile Ravenna capitale italiana dei foreign fighter”. Nel testo era anche scritto che da qui verso la Siria ne erano già partiti sei, più Louati fermato in tempo, e che Ravenna aveva da sola il 10 per cento dei foreign fighter censiti dal Ministero dell’Interno, tre dei quali morti in combattimento: ma anche che “nella comunità straniera di questo persone dove tutti conoscono tutti, le cifre non tornano…sono molti di più quelli andati col Califfato, sussurrano…Almeno 20 finora, quasi tutti tunisini: i più partiti tra il 2012 e il 2013”. Ravenna avrebbe anche covato una cellula terroristica di almeno sei persone. Dopo la strage di Parigi, nel maggio 2017, perfino un nucleo speciale antiterroristico era stato distaccato nella nostra città.
Tutti i fenomeni sociali si riconducono a cause specifiche. Lista per Ravenna combatté aspramente l’insediamento di una moschea in area Bassette con tutte le armi della ragione, del diritto e della legge, sconfitto soltanto dalla prepotenza politica. In Italia, dove esistono solo quattro moschee propriamente dette, con cupola e minareto, la seconda più grande è a Ravenna, 25.a città per abitanti. L’edificio, costato 1,3 milioni, finanziati anche da paesi non sempre estranei al fenomeno jiadista, può ospitare al suo interno 700 fedeli, non solo di Ravenna.
Oggi si può convenire, grazie anche al monitoraggio attento e all’intelligence di tutte le forze di polizia sul territorio, che un rapporto e un collegamento diretto tra moschea di Ravenna e arruolamento nelle milizie jiadiste sia da escludersi; così come si può riconoscere che a questo risultato abbia contribuito la parte sana, largamente maggioritaria, della comunità islamica. Occorre se mai un maggior controllo del territorio nelle aree extraurbane di campagna, dove i malintenzionati possono nascondersi nei numerosi casolari abbandonati, attività di vigilanza e prevenzione propria della polizia municipale. Ma, altrettanto onestamente, anche la sinistra ravennate (quel che ne resta di vera) non dovrebbe escludere che la nostra maximoschea abbia funzionato da calamita di pulsioni terroristiche.
Non si spiega altrimenti perché negli anni 2011-2012 ondate di magrebini, dopo essere sbarcate a Lampedusa, si siano riversate in massa a Ravenna, dove hanno messo lungamente a soqquadro la città, pochi integrandosi correttamente nella comunità ravennate, gli altri – basta leggere le cronache cittadine più aggiornate – dedicandosi allo droga e allo spaccio. Salendo poi di grado, hanno fatto presto ad arruolare come pusher immigrati di colore delle ultime generazioni. E i foreign fighter scoperti sono stati più spesso estratti proprio dalle file della droga. Può aver giovato al richiamo della nostra città la sua collocazione geografica, isolata e con ampie fasce incontrollate. Come quelle a lato del porto, niente affatto prive di degrado, nel quale è più facile “trafficare”. Ma non sarà troppo tardi quando la classe politica che ha governato Ravenna negli anni più cupi del nuovo millennio riconoscerà che qualche responsabilità, per decisioni assunte ed altre omesse nel nome di un’accoglienza buonistica malintesamente “ospitale”, sull’attribuzione del titolo di “insospettabile capitale italiana dei foreign fighter” all’ex capitale dell’impero romano di occidente».