La Stagione di Prosa 2022/23 del Teatro Masini di Faenza si chiude venerdì 28, sabato 29 e domenica 30 aprile alle ore 21 con LA MADRE, primo adattamento italiano del celebre testo di Florian Zeller, interpretato da LUNETTA SAVINO insieme ad Paolo Zuccari, Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino per la regia di Marcello Cotugno. La pièce è co-prodotta da Compagnia Molière, Teatro di Napoli Teatro Nazionale e Accademia Perduta/Romagna Teatri.
Gli interpreti dello spettacolo incontreranno il pubblico nel Ridotto del Teatro sabato 29 aprile alle ore 18. L’ingresso all’Incontro è gratuito.
Ne La Madre Zeller indaga con estrema acutezza il tema dell’amore materno e le possibili derive patologiche a cui può condurre.
La partenza del figlio, ormai adulto, viene vissuta dalla donna come un vero e proprio tradimento, come abbandono del nido, a cui si aggiunge una decadenza dell’amore coniugale in atto da tempo.
Anna, la madre, è ossessionata da una realtà multipla, una sorta di multiverso della mente, in cui le realtà si sdoppiano creando un’illusione di autenticità costante in tutti i piani narrativi.
Il mondo di Anna è un luogo in cui lei non si riconosce più, isolata da un ménage familiare che l’ha espulsa. Ma la responsabilità di questa solitudine non sta forse anche nell’aver rinunciato alla vita? Abdicare ai sogni, alle speranze e ai desideri unicamente per dedicarsi al proprio unico figlio maschio su cui riversare frustrazioni, rimorsi e ideali d’amore non è forse un cammino che inclina pericolosamente verso la disperazione? Ma dai ricordi di Anna si può immaginare un risveglio?
Nella sua mente di madre si affastellano ora sequenze oniriche ora situazioni iperrealistiche che, alla fine, non sembrano essere né un vero sogno, né la banale realtà del presente, ma una vertigine ipnotica e crudele dalla quale risvegliarsi è impossibile.
Nella società liquida e levigata di Zygmunt Baumann e Byung Chul Han il senso di colpa non basta più a tenere vicini i figli. Nel dolore del lasciarli andare, per una madre, c’è tutta l’accettazione della vita nel suo divenire, c’è del lasciar andare una parte di sé per rinascere nel distacco.