“Siamo cercatori di verità,” dice Alonzo King della compagnia che ha fondato quarant’anni fa. E le due coreografie che gli eccezionali solisti dell’Alonzo King LINES Ballet propongono in prima italiana per l’apertura della Stagione Danza del Teatro Alighieri di Ravenna, sabato 19 marzo alle 20.30 e domenica 20 alle 15.30, sono un viaggio alla ricerca dello spirito profondo della bellezza, quello che guida ogni creazione di King, vero re della danza americana che firma entrambi i lavori. The Personal Element è un ottetto dalle linee sobrie e luminose, dove l’impulso narrativo cede il passo alle emozioni in una poetica che lascia a ogni spettatore – all’elemento personale, insomma – il compito di trovare la propria sintonia con le sfumature e gli umori espressi dai corpi in movimento. Azoth, l’antico nome del mercurio e uno degli agenti fondamentali del processo alchemico, è il principio che anima le trasmutazioni della seconda parte, una suite per dieci danzatori dal carattere, appunto, mercuriale. La Stagione 2021/22 del Teatro Alighieri è resa possibile dal sostegno del Comune di Ravenna, della Regione Emilia Romagna e del Ministero della Cultura, con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
I nuovi biglietti last minute (10 Euro per tutti e 5 Euro per gli under 30) sono acquistabili presso la Biglietteria del Teatro solo nei giorni di spettacolo, a partire da un’ora prima, salvo disponibilità e senza vincolo di categoria di posto.
Il doppio programma al Teatro Alighieri ci catapulta in un mondo dove il rigore del balletto classico può coniugarsi alla dolce follia del jazz, per risultati che combinano eleganza e sensualità, tecnica e incanto. Cruciale il rapporto con la musica, in questo caso attraverso due artisti che ritornano alle origini afro-americane del jazz. Se il limpido sviluppo di The Personal Element asseconda l’ariosa partitura del compositore e pianista Jason Moran, sono le variazioni create dallo stesso Moran e dal saxofonista Charles Lloyd a determinare le trasformazioni di Azoth, esaltate anche dalle luci di Jim Campbell e i molti cambi costume curati da Robert Rosenwasser (sempre di Rosenwasser i costumi della prima coreografia, dove le luci sono invece di Jim French; Philip Perkins cura il design del suono per entrambi i titoli). Mentre nella prima parte del programma la semplicità della messa in scena permette di concentrarsi su virtuosismo di ogni movimento, l’imprevedibilità della seconda coreografia mira a mantenere intatto il senso di meraviglia dello spettatore, in un ininterrotto stream of consciousness di danza.
Fra i grandi maestri della danza americana per sapienza creativa e personalità carismatica, Alonzo King ha fondato la compagnia di San Francisco nel 1982 come punto di partenza per esplorazioni, commistioni, innovazioni del linguaggio del balletto. “Il termine LINES – spiega King – allude a tutto ciò che è visibile nel nostro mondo. Nulla è costruito senza una linea retta o curvilinea.” Nella sua arte coreografica la purezza neoclassica incontra e sposa con accostamenti vertiginosi la fluidità sanguigna della danza afroamericana; ne emerge uno stile visionario, ideale per ballerini contemporanei, virtuosi, ma con una qualità drammatica di fondo. Nel corso della propria carriera il coreografo ha infatti maturato l’idea che la danza sia la sintesi perfetta della complessità chiamata uomo, un miscuglio di intelligenza e forza vitale, sentimento e volontà: “tutti tendiamo a nascondere la nostra vera identità e ciò che ci rende unici, presentandoci con modalità di identificazione temporanee o addirittura false – l’età, il genere, la razza, l’occupazione. Invece basta guardare all’essenza. Il corpo è sempre in relazione con mente e spirito. L’essere umano è un microcosmo in cui tutto è collegato; la mente regola il corpo e l’anima la mente”. Da questa visione nasce una danza cesellata, dove anche il minimo dettaglio – il guizzo di un polso, il piegamento di una caviglia – ha valore.
La Stagione continua il 23 e 24 aprile con la Compagnie Hervé Koubi e Les nuits barbares, il più potente dei lavori del coreografo franco-algerino.