Si apprende quest’oggi che la ASL subisce danni economici per quasi 700 mila Euro a causa dei cosiddetti “furbetti del ticket”, ovvero pazienti che, dopo essersi avvalsi dei servizi del Pronto Soccorso in codice bianco (ovvero il codice con la minima, se non nulla, urgenza), nonostante l’obbligo, ben pensano di non pagare il ticket per le prestazioni ricevute.
Un esempio di inciviltà e stupidità umana che si riversa come un boomerang anche sulla qualità della loro stessa vita, in quanto, come tutti, potrebbero un domani aver necessità del Pronto Soccorso, magari in codice rosso, ed essere tra i fautori dell’abbassamento del livello qualitativo, sia per mancanza di personale, sia per mancanza di investimenti in nuove attrezzature ecc, di uno dei reparti più importanti dell’ospedale, ma, si sa, far ragionamenti oltre la siepe del proprio cortiletto è sempre difficile e piuttosto si corre sui social, poi, a lamentarsi che tutto va male.
Il problema, però, non è di poco conto e merita una riflessione più ampia, al di là delle retoriche sui comportamenti disonesti delle persone.
Su queste prestazioni, come afferma anche il Dott. Falcini, Direttore Amministrativo della ASL, non è possibile far pagare anticipatamente il ticket, come invece avviene per ogni prestazione specialistica prenotata regolarmente tramite servizio CUP, in quanto non è mai preventivabile che tipo di prestazione viene eseguita sul paziente fino alla sua dimissione. Tuttavia è necessario prendere seri provvedimenti e sarebbe ormai d’obbligo ragionare in maniera più cautelativa nei confronti della qualità del servizio, siccome – non devo certamente insegnarlo io agli addetti ai lavori – un calo qualitativo in ambito sanitario, soprattutto in un Pronto Soccorso, può trasformarsi in una bomba pericolosissima.
Va innanzitutto detto che in sanità non è la domanda che genera l’offerta, bensì il suo esatto contrario: se si offre un nuovo servizio è già matematicamente certo che esso verrà richiesto oltre le proprie capacità.
Nel Pronto Soccorso di Ravenna si è deciso di costituire il settore ambulatoriale per la gestione dei cosiddetti Codici Bianchi, il quale, quindi, è diventato il famoso “nuovo servizio” (offerta) che ha prodotto una sorta di invasione di massa (domanda). I cittadini con piccoli problemi di salute, perciò, a qualsiasi ora del giorno o della notte, sanno di poter usufruire di questi ambulatori, in cui, nonostante le ore di attesa, e grazie alla presenza degli stessi medici del PS, si ha certezza di essere dimessi solo a seguito di diagnosi certa; diagnosi che viene formulata sulla scorta di esami di vario genere, consulenze specialistiche, radiografie ecc, a cui si accederebbe solo tramite le classiche prenotazioni CUP, tramite il rilascio della ricetta del medico di base, con, però, tutti i disagi delle attese del caso.
Pertanto è del tutto evidente che l’errore madornale sta nell’aver creato un “mostro” all’interno dello stesso Pronto Soccorso: si è ben pensato di attivare una sorta di ambulatorio di medicina generale, sostituendo pari pari quella che dovrebbe essere la copertura sanitaria territoriale da parte sia dei medici di medicina generale sia delle guardie mediche in servizio nei festivi, ingolfando senza remore un sistema che coinvolge tutti i reparti, con un effetto domino in termini di mole di lavoro e stress degli operatori senza dubbio allarmante e soprattutto da contenere con urgenza.
Questo importante soffocamento del Pronto Soccorso, che lavora su una media di quasi 400 accessi al giorno – una follia – deriva in buona parte dall’aver scelto, per non si sa quale strategia, di sostituirsi ad un comparto, quello dei Medici di Medicina Generale, che avrebbe dovuto essere potenziato e non scalzato o scavalcato, tenuto conto inoltre, che alla ASL produce un costo fisso enorme, anche qualora in cui il medico di base venga completamente bypassato dal cittadino che preferisce il “tutto e subito” dall’ospedale.
Il risultato di questa tremenda politica gestionale è quanto emerge chiaramente: buchi di bilancio per centinaia di migliaia di euro a causa sia di “furbetti” e disonesti, sia di una manifesta incapacità di scelta strategica che consenta di reputare un reparto ospedaliero come un anello di una catena e non come un compartimento stagno; unità operative intere soffocate dalle moli ingenti di pazienti che necessitano di consulenze e visite in pronto soccorso, rallentando i processi emergenziali che, invece, meriterebbero molta più attenzione e vigilanza da parte degli operatori; operatori che, essendo esseri umani e spesso sotto organico, si ritrovano a visitare centinaia di casi che sarebbero tranquillamente incanalabili sulla via della medicina di base, subendo un pericoloso aumento del livello di stanchezza fisica e mentale, con alto rischio errore; rischio di riduzione generale della qualità del servizio di pronto soccorso, con preoccupante innalzamento del rischio clinico per le emergenze entranti.
Concludendo, quindi, il quadro che si presenta non è dei più rosei.
Sarebbe necessaria una forte presa di coscienza del problema nel suo insieme, dal quale sicuramente emergerebbe che la soluzione per arginare anche gli importanti ammanchi economici è sotto i nostri occhi ed è già presente sul territorio, tra l’altro anche già ben remunerata: la medicina generale di base, che dovrebbe essere migliorata e potenziata sotto molti aspetti.
Ce la faranno a capirla?