Stefania Galegati (Bagnacavallo, 1973) ha studiato arti visive all’Accademia di Belle Arti di Bologna e a Brera con Alberto Garutti. Ha fatto parte di Via Fiuggi, un gruppo di giovani artisti che viveva a Milano alla fine degli anni novanta. Lavora con diversi media innestando meccanismi di spostamento semantico nelle cose e nelle persone. Ha esposto per la prima volta nel 1994 a Viafarini. Nel 2003 vince l’International Studio Program al PS1 MoMA di New York, dove sta per 4 anni. Vive nomade per alcuni anni spostandosi fra New York, Buenos Aires, Tanzania e Europa. Dal 2008 vive a Palermo. Dal 2015 al 2018 ha gestito il Caffè Internazionale, locale bar, centro multiculturale e opera d’arte. Attualmente insegna pittura alla Accademia di Belle Arti di Palermo. Lavora con le gallerie: Pinksummer, Genova, dagli inizi e con FPAC, Palermo e Milano dal 2007. È socia fondatrice dell’associazione Femminote, con cui segue il progetto di acquisto collettivo dell’Isola delle Femmine (Pa). È socia fondatrice e presidente dell’associazione Counterproduction, che organizza la Summer School of Contemporary Art di Palermo dal 2015.
L’artista Stefania Galegati realizzerà assieme ad alcuni collaboratori l’opera pubblica “Storie di fango” lungo la pista ciclopedonale che da Bagnacavallo va a Villa Prati.
L’opera, consistente in alcune scritte realizzate con pittura tempera lavabile bianca per la lunghezza di circa un chilometro, verrà creata nella notte tra il 13 e il 14 agosto per apparire completa la mattina del 14. Le scritte saranno alte circa 20 centimetri e si potranno lentamente cancellare. L’opera verrà poi donata al Comune di Bagnacavallo.
«La vorrei dedicare – esordisce l’artista – a mia sorella Sandra Galegati, architetta, innamorata del suo paese, deceduta due anni fa.
I testi sono alcuni racconti selezionati fra le testimonianze che mi stanno inviando gli “angeli del fango”. La loro modalità necessaria di agire contro i danni dell’allagamento ha stretto il cuore a tutta Italia. L’allagamento è stato un trauma violento che sta lasciando cicatrici nell’animo. I media se lo sono già dimenticato, ma il territorio mantiene le cicatrici che ricordano il dramma.
Vedere i ragazzi uscire ad aiutare ha risollevato il territorio. Vorrei dedicare anche alla loro modalità comunitaria questo monumento leggero, ecologico, appoggiato a terra, che come una cicatrice tiene viva la memoria. Un monumento che non celebra ma che racconta e mantiene attiva la memoria proprio tramite le parole dei ventenni e delle ventenni. Un monumento che ci trasporta altrove e apre immaginari.
Le storie – conclude Stefania Galegati – sono state trovate via passaparola a partire da alcuni ragazzi; non vogliono essere una visione esaustiva ma possono aprire la strada ad altri racconti se qualcuno spontaneamente vorrà poi andare ad aggiungere.»
L’opera si innesta in una serie di una quindicina di scritte realizzate negli ultimi undici anni in diversi posti del mondo come un filo conduttore di diverse narrazioni legate ai luoghi. Il caso di Sermide, in provincia di Mantova, è molto simile perché si utilizzò la scritta di un chilometro per trasformare quel pezzo di argine del Po da strada a pista ciclabile. Ma ne sono state fatte altre a Milano, Genova, Suzhou in Cina, Cefalù, Palermo, Roma, Parigi…
In comune a tutte c’è il fatto di poter leggere una storia spostandosi da un luogo all’altro, come quando ci si porta un libro in un viaggio importante e le due cose restano legate per sempre.