Il nodo della presidenza della nuova Camera di commercio di Ravenna e Ferrara pare non sciogliersi, o, meglio, è ancora impantanato nella burocrazia delle associazioni di categoria e della Regione. Soprattutto nell’individuazione del futuro presidente (è scontata la nomina del direttore della Confcommercio di Ravenna) non sono mancati i campanilismi e le lottizzazioni che mettono in secondo piano la questione essenziale del governo e della promozione dell’economia locale. Peraltro si continua sull’onda delle presidenze assegnate ai funzionari delle associazioni, mentre sarebbe preferibile e soprattutto più appropriato ricercare il nome fra gli imprenditori dei vari comparti economici, perché proprio loro incarnano concretamente l’economia, la produzione e il lavoro. Ancora una volta, purtroppo, non è così. Oltretutto rimangono aperte le questioni che hanno reso possibile questa innaturale fusione fra Ravenna e Ferrara, nonostante l’unanime contrarietà dei 29 sindaci della Provincia di Forlì – Cesena i quali avrebbero preferito un minimo di coerenza rispetto al percorso intrapreso dall’ente ravennate, auspicando una più naturale collaborazione fra Ravenna e Forlì – Cesena, rispetto alla scelta ferrarese.
Infatti, il naturale raggruppamento delle Camere di commercio corrispondenti all’esistente territorio dell’Area vasta, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, avrebbe trovato una sua logica coerente di collegamento con Forlì–Cesena, rispetto alla quale, invece, appare inopportuna l’aggiunta della provincia di Ferrara, se si tiene conto, peraltro, delle varie esperienze consolidate basate, appunto, sull’integrazione delle città romagnole.
Tale convinzione logica trova condivisione e si rafforza ulteriormente nel momento in cui tali province, dando seguito alla legge regionale n.13 del 2015, hanno costituito un unico ambito territoriale che ricomprende quei territori provinciali per l’esercizio in forma associata delle varie funzioni in capo ai nuovi enti. Così come si è verificato, ad esempio, in ambito sanitario con la costituzione dell’Azienda sanitaria locale della Romagna, o nel settore dei trasporti pubblici le funzioni riferite ai servizi di trasporto, con un’ azienda unica di mobilità romagnola.
In altre parole la Camera di Ravenna avrebbe dovuto vedere già indicata la strada per questo programma di riforme caratterizzata dalla costituzione di un’Area vasta romagnola già configurata che tende a raggruppare territori fra loro omogenei dal punto di vista storico, culturale e socio economico.
Allo stato dei fatti, non potendo retrocedere, almeno si velocizzino le procedure e si renda operativo il nuovo consiglio camerale, la nuova giunta con il presidente già sostanzialmente designato anche se pare non aver registrato l’unanimità dei consensi.