“Purtroppo ancora oggi il Pronto soccorso rappresenta un po’ l’anello debole del sistema sanitario, non certo per i professionisti in cui vi operano, ma per una serie di criticità ormai note a tutti. L’istituzione del Cau, centro di assistenza e urgenza, è stata una prima risposta per alleggerire la pressione nel dipartimento di emergenza, ma fermo restando l’utilità di questo primo ‘filtro’ assolutamente perfettibile, il citato centro non può certamente ritenersi una soluzione pienamente soddisfacente per fare fronte ad una domanda sempre crescente. Infatti è evidente che in mancanza di risposte sul territorio, i cittadini si affidino alle strutture istituzionalmente preposte – come i Cau e il Pronto soccorso, – le quali si trovano ad avere un carico di lavoro esorbitante, causa prevalente dei noti disagi. Il tentativo di risposta, dunque, si identifica nelle case di Comunità e negli Ospedali di comunità che dovrebbero rappresentare una scelta appropriata per alleggerire gli accessi negli ospedali. L’azienda sanitaria locale, forte anche delle risorse provenienti dal Pnrr, dovrebbe accelerare la realizzazione di queste strutture sul territorio alternative all’accesso di emergenza e al ricovero ospedaliero, per offrire servizi di prossimità e privilegiare al contempo un’adeguata assistenza al domicilio. E i medici di base in questo nuovo modello organizzativo, svolgono sicuramente un ruolo di primaria importanza come elemento centrale del complesso organigramma socio sanitario e assistenziale.
Tutto questo, senza dimenticare come occorra ad ogni modo migliorare il Pronto soccorso in seno all’ ospedale non solo sotto l’aspetto strutturale e del migliore comfort, ma soprattutto attraverso interventi tesi ad acquisire personale medico e infermieristico rendendo attrattivo il lavoro dei sanitari stessi.”