“Mi permetto di intervenire sulla proposta di Michele de Pascale il quale ha lanciato la richiesta esplicita di approfondire e valutare ‘costi e benefici ’sulla possibile istituzione della Provincia unica di Romagna. Un tema caldo cui sono coinvolti molti soggetti della società civile, anche se non va dimenticato quanti dibattiti su questo tema sono stati oggetto di confronto, in gran parte coincidenti con il periodo in cui ho fatto parte del Consiglio di piazza dei Caduti.
Giusta e opportuna, dunque, l’ idea del presidente della Provincia di aprire un ampio confronto istituzionale, sociale ed economico per valutare tutti i verosimili vantaggi senza trascurare le possibili criticità riferite ad un’ipotetica “provinciona romagnola,” tuttavia occorre rimarcare come tale proposta giunga con molto ritardo. Se si pensa come dopo l’approvazione della Legge regionale 13 del 2015 (e numerose altre) riguardante la costituzione della Provincia di Area vasta romagnola con gli enti provinciali di Ravenna, Forlì – Cesena e Rimini, i tre presidenti si incontrarono per dare l’avvio al percorso di costituzione del nuovo soggetto. Si trattò, insomma, della posa della prima pietra, anche se in realtà, come spesso accade, il Consiglio provinciale fu completamente escluso nonostante l’ approvazione unanime di una delibera con proprio ordine del giorno con oggetto “Soppressione della Provincia: una proposta di riforma che parta dai territori” con l’obiettivo ai autoformarsi.
Una prima pietra rimasta in solitudine! Tornando alla centralità dell’argomento, in linea generale si ritiene che su alcune questioni occorra una prospettiva chiara e un progetto innovativo, in netta discontinuità con le attuali impostazioni radicate irrimediabilmente nelle esistenti amministrazioni provinciali, evitando, soprattutto, sterili campanilismi. Ed in questo senso alcuni paletti appaiono anche oggi imprescindibili se si desidera davvero voltare pagina rispetto alla situazione attuale e se si vuole creare un modello di gestione territoriale innovativo, funzionale e davvero utile per il territorio.
* Anzitutto non si tratta di unire semplicemente i tanti carrozzoni provinciali per realizzarne uno di natura pachidermica e con possibili rischi di appesantire da subito il nuovo soggetto pubblico. Oltretutto con il rischio di portare come dote il forte carico di burocrazia in un ambiente statico non in grado di assicurare compatibilità con i ritmi operativi dell’economia. Occorre creare, dunque, un soggetto snello, innovativo, aperto al nuovo e in grado di fare dell’integrazione e della sinergia fra i vari enti il proprio cavallo di battaglia, con l’obiettivo di razionalizzare i costi e soprattutto di tagliare le spese improduttive.
* Un’area vasta provinciale, in teoria dovrebbe avere legittimità democratica e garantire ai territori il loro diritto di indicare gli eletti e i propri rappresentanti istituzionali. Ma in ogni modo va salvaguardata l’identità, la cultura e la storia di ogni singola area geografica con forme di rappresentanza democratica e partecipativa, al fine di dare voce ai cittadini e ai bisogni specifici delle singole realtà.
* La macro Provincia romagnola, inoltre, richiede un grosso sforzo di razionalizzazione e in molti casi di azzeramento, di una larga parte di consorzi e di enti partecipati privi di legittimità popolare, composti in larga parte da rappresentanti nominati dalla politica, i quali, evidentemente, non possono essere trascinati automaticamente nel nuovo contenitore di area vasta. Se oggi trascurassimo artatamente questa condizione non di poco conto, rischieremmo di fare una proposta viziata già dall’origine, oltre ad offrire una soluzione nuova nella forma ma, di fatto, già zavorrata nella sostanza sin dalla partenza.
Alla luce di queste considerazioni, la perestrojka è stata avviata, e il nostro auspicio resta quello di realizzare l’architettura dei nuovi territori per contribuire alla crescita economica e occupazionale, partendo dai territori e dai bisogni reali della gente.”