Regolarmente torna in discussione la Provincia. Attualmente è all’ordine del giorno del Governo una nuova riforma (o controriforma) di questa storica istituzione italiana, intesa a restituirle e rilanciarne la vitalità. Il governo Renzi, attraverso il ministro Delirio, l’aveva ridotta al lumicino, fidando che il referendum del 4 dicembre 2016, poi fallito, la spegnesse sulla scena costituzionale. Così non è stato. Ed allora, ridotta a strumento in mano ai sindaci, taglieggiata di risorse finanziarie e di personale, è sopravvissuta alla meno peggio, né carne né pesce, impotente a far fronte alle competenze importanti che pure le sono rimaste, al di là di quelle trasferite alla Regione. Competenze che fanno tremare i polsi, se si pensa che le Province possiedono e amministrano tuttora l’edilizia delle scuole superiori e tutte le reti stradali che, portando il loro nome, costituiscono il nerbo delle viabilità territoriali. Mantengono inoltre funzioni strategiche, tra cui, di prim’ordine, la pianificazione territoriale e la tutela dell’ambiente. C’è dunque da augurarsi che le intenzioni del Governo vadano a buon fine, chiarendo quali debbano essere l’assetto istituzionale e il governo politico della restaurate Province, quale ruolo debbano svolgere tra Comuni e Regioni, quali competenze debbano assolvere e con quale corrispondente dotazione di risorse umane e finanziarie.

Nell’attesa, che però rischia di non essere breve, la Provincia, per quanto semisconosciuta ai cittadini, esiste ancora come ente di secondo grado dei Comuni presieduta da un sindaco. La Regione Emilia-Romagna puntava a promuovere forme associate di funzioni territoriali che ponessero le basi per realizzare aree vaste interprovinciali. Lettera morta anche questa. Ma va rilevato come la Provincia di Ravenna, ancor più da quando è in corso il suo secondo mandato dopo la legge Delrio, sia scaduta in uno stato vegetativo, ridotta a mera succursale del sindaco di Ravenna che la presiede, col silenzio assordante dei suoi organi collegiali, e particolarmente dell’assemblea dei sindaci, che dovrebbe esserne l’ossatura. Sopravvive alla giornata per inerzia, grazie alla buona volontà dei suoi quadri. Ma non c’è ombra di quella progettualità, che pure è necessaria, perché i problemi ci sono tutti e meritano di essere affrontati con polso, determinazione e visione di prospettiva. Eppure, negli ultimi tempi si sono avuti sblocchi di risorse e di personale, sono stati lanciati concorsi di assunzione, qualcosa si è rimesso in movimento. Le difficoltà, che pure rimangono, non devono essere l’alibi della noncuranza, dell’isolamento, della distanza e non ascolto dei cittadini. Non è così in altre Province.

Oggi il palazzo monumentale della Provincia di Ravenna sembra la casa delle anime perdute. Se ne prenda coscienza, perché la sua storia non lo merita. La dignità non deve mai morire.