“La situazione drammatica accaduta nel ravennate, ha coinvolto tantissime famiglie, azzerato l’economia agricola e le non poche attività commerciali, artigianali e industriali. L’enorme disagio e disperazione di tante persone accompagnato dall’elevato danno economico al momento incalcolabile, ha prodotto, naturalmente, abbattimento e grande preoccupazione e sarà destinato sicuramente a lasciare cicatrici indelebili nelle nostra comunità.
Andrebbero ricercate responsabilità in gran parte attribuibili alla Regione Emilia Romagna, ma al momento occorre fare sistema ed assicurare solidarietà e unità d’intenti senza distinguo, rinviando in periodi di minore emergenza e stress di ogni tipo la ‘resa dei conti’ con lo spirito di prevenire altri fenomeni analoghi.
Vedendo l’inquietante fotografia di questi giorni, per associazione di idee ho pensato alla gravissima alluvione del Polesine del novembre 1951, certo diversissima per le cause, il momento storico e sociale, per il numero delle vittime ossia più di cento, con un popolazione costretta a lasciare le proprie abitazioni, oltre 180.0000, perdita di un numero elevato di capi di bestiame, ma con numerosi punti in comune. All’epoca, dopo appena sei anni dalla fine della seconda guerra, nel Polesine si abbatté con una violenza inaudita, un’ altra guerra dalle conseguenze drammatiche, gradualmente affrontata attraverso il prosciugamento delle terre, recupero delle colture e un processo di ricostruzione. Nonostante l’esistente conflittualità e la forte contrapposizione fra la DC e il PCI , prevalse il bene comune nel grosso sforzo della gestione del ‘dopo’ con le evidenti difficoltà dell’epoca sia in termini di mezzi sia di risorse. Prevalse la forte solidarietà, la grande forza dei polesani e delle istituzioni che compirono lo sforzo di abbassare gli steccati della politica per dare spazio all’aiuto concreto delle popolazioni colpite da un singolare disastro. Tra l’altro, i testi di storia sociale facevano allora riferimento alla vulnerabilità idraulica e alla mancata prevenzione e previsione, puntando il dito agli argini seriamente compromessi, situazione aggravata in un Paese che aveva lasciato alle spalle condizioni di grande indigenza e distruzioni per la seconda guerra.
Può apparire, dunque, un accostamento forzato, in tempi molto diversi, ma i problemi emersi sono un po’ gli stessi pur a distanza di oltre settant’anni, con la medesima caratteristica di ricominciare a vivere affrontando centinaia di problemi grazie soprattutto alla rete della solidarietà e all’impegno delle istituzioni. Anche la politica dovrebbe compiere lo sforzo di pensare al bene comune, spogliandosi di tutti gli atteggiamenti polemici e di rigidità partitica, e insieme ai vari enti locali e allo stato, compiere ogni sforzo di ricostruzione. Nel Polesine questo percorso, pur non facile, fu possibile, e in Romagna?”