Campi assetati nell’intera provincia per via di precipitazioni dimezzate nel 2020. Con le piogge assenti da mesi e le coltivazioni, in particolare orticole, frutticole e foraggere, che si trovano in un momento decisivo, gli agricoltori hanno dovuto anticipare attingimenti ed irrigazioni. Oltre ad un aumento dei costi per tali attività, gli imprenditori agricoli, si trovano purtroppo a fare i conti anche con fenomeni che rischiano di minare la salubrità delle acque irrigue costringendoli a sospendere le irrigazioni.
È di ieri, ad esempio, la segnalazione inviata da Coldiretti ad Arpae relativa alla presenza di una sospetta schiuma bianca lungo il tratto basso romagnolo del Fosso Vecchio.
“Alcuni associati ci hanno segnalato il fenomeno – commenta il Direttore di Coldiretti Ravenna, Assuero Zampini – fenomeno purtroppo non nuovo lungo questo canale che transita anche nei pressi di insediamenti industriali”. Certo è che la comparsa della schiuma in concomitanza della ripartenza delle attività industriali dopo il lungo fermo legato alla pandemia Covid-19 deve fare riflettere.
“Gli agricoltori – prosegue il Direttore Zampini – sono da sempre le prime sentinelle della qualità delle acque, nonché i tutori dell’equilibrio ambientale, ma non possono e non devono sostituirsi alle istituzioni preposte, come la stessa Arpae, sempre puntuale e precisa nel chiedere il rispetto dei mille cavilli burocratici che frequentemente frenano l’attività agricola, ma spesso latitante nell’azione di controllo della salubrità delle acque a lei deputata”.
Per questo, onde evitare che fenomeni esterni all’agricoltura mettano a repentaglio le già scarse risorse idriche e quindi la crescita delle colture e i raccolti, con un rischio per le forniture alimentari in un momento di riduzione degli scambi commerciali per effetto dell’emergenza coronavirus, Coldiretti chiede di incentivare l’attività di controllo e monitoraggio della rete di canali, scoli e fossati che, soprattutto in questa fase colturale, è a dir poco fondamentale al fine di assicurare una risposta adeguata ai bisogni irrigui ambientali e dell’agricoltura”. Tanto più che, lo ricordiamo, sono gli stessi agricoltori a farsi carico di costi per la manutenzione della rete irrigua e a pagare, di tasca propria, quota parte del costo di quell’acqua che ora rischiano anche di non poter utilizzare per via di potenziali inquinamenti provocati da terzi.