Ancora un rinvio per il recupero delle prestazioni saltate durante questi due anni di pandemia Covid-19.
Mentre la Legge di Bilancio 2022, presentata l’11 novembre al Senato e approvata il 30 dicembre alla Camera, all’art.1 commi 276-279 prevede infatti che le Regioni per accedere ai 500 milioni di euro stanziati dallo Stato debbano rimodulare il proprio Piano di recupero delle liste di attesa e presentarlo entro il 31 gennaio 2022 al Ministero della Salute e al Ministero dell’economia e delle finanze, qualche settimana fa è arrivata la proroga al 24 febbraio.
Sembrerebbe che a fronte della difficoltà di alcune Regioni di rimodulare i Piani regionali di recupero entro i termini, il Ministero della Salute abbia concesso la proroga.
Eppure, alcune Regioni erano riuscite ad approvare entro il 31 gennaio l’aggiornamento del proprio piano di recupero, ci riferiamo ad esempio al Molise, alla Valle D’Aosta, alla Sardegna, alla Liguria, alla Provincia di Trento e all’Emilia-Romagna… Del resto della necessità di rimodulare il Piano si sapeva da novembre.
La proroga al 24 febbraio per l’invio dei piani regionali di recupero delle liste di attesa, arriva a valle di un ulteriore periodo particolarmente difficile per i pazienti NON Covid. Molte Regioni, infatti, tra dicembre 2021 e gennaio/febbraio 2022, a fronte del ciclico picco del contagio, hanno sospeso ancora una volta le cure programmabili rifacendosi alla Circolare del Ministero della Salute del 18 dicembre 2021, che prevede proprio la possibilità sospendere le cure procrastinabili per far fronte, durante il picco, all’assistenza dei pazienti covid-19.
Da una ricognizione realizzata da Salutequità, infatti, al 9 gennaio 2022 erano circa 17 le Regioni che avevano deciso sospensioni/rinvii di interventi, visite ed esami procrastinabili.
Tutti i blocchi delle prestazioni avvenuti in questi due anni di pandemia hanno avuto un impatto rilevante sul fenomeno delle cure mancate.
E se nel 2021 il Servizio Sanitario Nazionale ha ripreso ad erogare un maggior numero di prestazioni rispetto al 2020, anno del lockdown, la sua produttività in alcune Regioni e in diverse aree dell’assistenza è invece ancora al di sotto ai valori del 2019.
In questo senso i dati più recenti anche in ambito prevenzione, come quelli diffusi dall’Osservatorio Nazionale Screening:
le prestazioni effettuate tra gennaio 2020 e maggio 2021 si sono ridotte rispetto al 2019 del -35,6% per la cervice, -28,5% per mammella, -34,3% per il colon retto. Invece la stima delle lesioni tumorali che potrebbero subire un ritardo diagnostico è pari a 3.504 lesioni CIN2+, 3.558 carcinomi mammari, 1.376 carcinomi colorettali e oltre 7.763 adenomi avanzati del colon retto
Per le altre prestazioni da recuperare, particolarmente significativi i dati di alcune Regioni, relativi al 2021, diffusi sulla stampa.
La Valle D’Aosta, ad esempio, entro il 31 dicembre 2021 doveva recuperare 1.891 ricoveri elettivi. Ne sono stati recuperati 474 (il 25%) e dovranno quindi esserne riprogrammati 1.417 nel 2022. Per la specialistica ambulatoriale e la diagnostica entro il 2021 recuperate 4.692 su 11.394. Quindi ancora da recuperare 6.702 prestazioni nel 2022.
In Umbria secondo la Regione dovranno essere ancora recuperate nel corso del 2022 oltre 80.000 prestazioni, mentre la Toscana dovrà recuperare circa 500.000 visite specialistiche e 36 mila interventi chirurgici.
Ora è necessario che il Ministero vigili sul rispetto da parte delle Regioni della nuova deadline del 24 febbraio, anche perché la storia ci insegna che su questo le velocità delle Regioni sono molto diverse. Ad esempio, andando ad analizzare la tempistica con la quale le Regioni hanno presentato il primo Piano Operativo di recupero delle liste di attesa previsto dal D.L. 104 del 2020 (c.d. Decreto Agosto), nonostante la scadenza fosse fissata al 15 settembre 2020, alcune Regioni come ad esempio Marche, Toscana e Veneto hanno rispettato la tempistica, altre come Puglia, Provincia di Bolzano, Basilicata e Lombardia lo hanno approvato a dicembre 2020 (circa 3 mesi di ritardo), mentre la Sardegna si è spinta sino ad aprile 2021 (circa 7 mesi di ritardo).
È fondamentale, inoltre, che i Ministeri competenti garantiscano il tempestivo controllo formale e soprattutto sostanziale del contenuto dei Piani di recupero che saranno presentati dalle Regioni entro il 24-02-2022, anche perché da una prima analisi su alcuni di questi già emergono importanti differenze. Ad esempio, la Valle D’Aosta conta di recuperare entro giugno 2022 il 30% delle prestazioni, un altro 30% entro ottobre e un altro 30% entro dicembre. Il Molise invece non ha definito un cronoprogramma con obiettivi intermedi nell’anno. Considerato che nel 2022 il tempo a disposizione per recuperare è già passato da 12 a 10 mesi, e che questi potrebbero diventare 8 (calcolando l’eventualità del nuovo picco dei contagi durante il prossimo autunno-inverno), il cronoprogramma del recupero delle Regioni diviene cruciale e sarebbe fondamentale comprimerlo il più possibile, al massimo entro ottobre 2022.
Bisogna quindi accelerare molto, altrimenti potremmo ritrovarci nuovamente a scoprire a fine anno che anche quest’ultime risorse stanziate non sono state spese e le cure non ancora del tutto recuperate.
Finanziare le misure di recupero non è più sufficiente, bisogna garantire una governance che permetta di centrare velocemente l’obiettivo e di cambiare concretamente lo stato delle cose per i cittadini.
Per questo, si potrebbe applicare al tema del recupero delle liste di attesa il modello utilizzato per le vaccinazioni Covid: sviluppare un cruscotto pubblico per rendere trasparente l’andamento dell’attività di recupero delle liste di attesa e dell’utilizzo delle risorse stanziate da parte delle Regioni.
Così, in modo trasparente, i cittadini potranno farsi velocemente un’idea di come le Istituzioni stiano lavorando per l’esigibilità del loro Diritto alla Salute.
Tutto questo, nella consapevolezza che la vera sfida da vincere è quella di “superare la strategia del recupero delle prestazioni mancate”, attraverso la definizione e l’implementazione di un modello organizzativo del SSN, in particolare della rete ospedaliera, in grado di garantire sempre e per tutti i pazienti la continuità delle cure, senza più alcuna sospensione nei prossimi picchi di contagio.
In caso contrario, chi potrà mettere mano al portafoglio riuscirà ad accedere alle cure in privato, chi non potrà sarà costretto a rimandare o a rinunciare.