“Dopo tre anni di trattamento con la cannabis terapeutica ancora mi sento chiamare drogata. Serve un cambio culturale da parte di tutti, non solo tra la gente, ma anche nelle forze dell’ordine e nella politica”. Elisabetta Biavati fa parte del Comitato pazienti cannabis medica e questa mattina, di fronte ai consiglieri in commissione Sanità (presieduta da Paolo Zoffoli), ha raccontato la sua storia di malata, di persona “farmaco resistente” costretta a lottare per “il riconoscimento del diritto alla continuità terapeutica” leso dalla scarsità del prodotto. “Pensate di alzarvi la mattina con un dolore lancinante alla testa o alla schiena- ha spiegato- e non poter prendere alcun antidolorifico. E non poterlo fare per giorni, giorni giorni. La continuità terapeutica è essenziale”.
Ma perché è così difficile trovare la cannabis terapeutica? “La stima del fabbisogno nazionale è di circa 1.200 chili, nel 2017 in Italia ne sono stati resi disponibili 250: 50 di produzione italiana, a Firenze, 200 importati dall’Olanda. In pratica in tre mesi abbiamo finito il farmaco”, ha spiegato Paolo Mantovani, farmacista di Ferrara anche lui convocato in audizione assieme a Biavati, Daniele Conti, direttore dell’associazione Amrer che si occupa di fibromialgia, Antonio Manni dell’Ausl di Reggio Emilia e Stefania Taddei, comitato ospedale territoriale senza dolore dell’Ausl di Bologna. “Il problema è sorto nel 2015- ha continuato Mantovani- quando il Governo ha deciso che la produzione italiana venisse affidata a un unico ente: lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Io sarei favorevole a un auto produzione regionale che sopperirebbe alla scarsità di cannabis medica”.
Di pari passo alla richiesta di garantire la continuità terapeutica- ha illustrato Conti- corre quella di “creare un’informazione corretta sulla materia: c’è differenza tra l’uso ludico e quello terapeutico. La cannabis medica non si fuma, si ingerisce in pasticche o in olii. E’ un prodotto controllato che ha dosi ben specifiche al suo interno”. E come presidente di Amrer ha portato all’attenzione dei consiglieri il caso della fibromialgia: “Si devono favorire studi per creare protocolli di trattamento estesi anche a questa malattia”.
Un’ulteriore difficoltà per i pazienti è rappresentata dalla poca conoscenza della materia da parte dei medici generici: “Ci sono diverse difficoltà- ha affermato Taddei- dal punto di vista della prescrizione. Si deve studiare bene e a fondo prima di poter prescrivere correttamente con i dosaggi giusti la cannabis terapeutica. Non esiste una dose” in base al peso. Poche le indicazioni della letteratura medica: su 50 casi trattati a Reggio Emilia la cannabis terapeutica ha funzionato nel 58 per cento dei casi.
I commenti. Diversi gli spunti arrivati dai consiglieri. Per Marcella Zappaterra, del Partito democratico, il “tema deve essere preso in mano in maniera decisa dalle istituzioni. Serve un approccio non ideologico al tema. Dispiace vedere che alcune forze politiche che hanno sempre portato il loro contributo a questa commissione proprio oggi si siano defilate, segno che forse ci si approccia al tema in maniera ideologica. La formazione dei medici e gli studi clinici- ha aggiunto- devono gravitare attorno al sistema pubblico”.
Di campagne informative adeguate e autoproduzione ha invece parlato Giulia Gibertoni del Movimento 5 stelle: “Sono le istituzioni che devono portare avanti campagne informative serie. L’Emilia-Romagna in particolare si deve far sentire attraverso la conferenza Stato-Regioni perché i diritti dei cittadini siano in tutto il territorio nazionale rispettati”.
Paolo Calvano (Pd) ha invece auspicato un inserimento della fibromialgia “tra le malattie da poter trattare con cannabis terapeutica con costi a carico del sistema sanitario”, mentre Andrea Bertani (M5s) ha invitato a fornire “indicazioni precise in modo tale che la Regione possa spingere verso percorsi di ricerca specifici”. Katia Tarasconi (Pd) ha invece posto l’accento sulla difficoltà da parte dei malati “di conoscere quale farmacia può fornire i farmaci a base di cannabis terapeutica”.
La clausola valutativa della legge regionale. 1.031 pazienti trattati dal 2016 ad aprile 2018, in maggioranza (63%) donne, con una durata media del trattamento di quattro mesi. 4.000 prescrizioni mediche effettuate, prevalentemente per ridurre il dolore neuropatico cronico di intensità elevata (65%) e trattare i pazienti affetti da sclerosi multipla con spasticità (15,4%), in caso di resistenza alle terapie convenzionali.
Le prescrizioni a carico del Servizio sanitario regionale sono state rilasciate in modo informatizzato attraverso la piattaforma Sole – lo strumento a disposizione dei medici convenzionati, dipendenti del Sistema sanitario regionale e liberi professionisti, per la prescrizione ai cittadini residenti o domiciliati in regione.
Questo il numero di pazienti trattati, per Azienda sanitaria locale di residenza (la numerosità dei soggetti in terapia è correlata alla dimensione dell’area territoriale): Piacenza: 31 pazienti; Parma: 90; Reggio Emilia: 164; Modena: 161; Bologna: 160: Imola: 19; Ferrara: 88; Romagna: 313 (totale 1.031, compresi 5 pazienti per i quali non era dichiarata la Ausl di residenza).
Le farmacie convenzionate che ad oggi hanno deciso di allestire ed erogare preparazioni magistrali di cannabis sono state complessivamente 31, così distribuite nel territorio: Romagna 12, Modena 5, Bologna 4, Imola e Parma 3, Reggio Emilia e Ferrara 2.