Si è concluso il progetto Obiettivo salute Saharawi, realizzato nei campi profughi saharawi (sud-ovest dell’Algeria) dal Comune di Ravenna, in collaborazione con l’associazione Kabara Lagdaf di Modena, grazie al co-finanziamento della Regione Emilia-Romagna.
Pochi giorni fa sono rientrate dai campi profughi le missioni che erano state organizzate e che hanno visto la presenza di Enzo Esposito e Lea Zanotti, i due ginecologi di Ravenna che hanno offerto assistenza sanitaria a oltre 370 donne e aggiornamento professionale alle ostetriche locali, figure primarie nella tutela della salute femminile. Anche un’equipe di medici spagnoli ha operato negli stessi giorni presso i presidi ospedalieri locali. La commissione di Chirurgia pediatrica ha lavorato nell’Ospedale nazionale di Rabouni. Ai professionisti spagnoli si sono affiancati professionisti saharawi ed insieme hanno visitato oltre 300 bambini e operato 70 di loro. Le liste dei bimbi da portare all’attenzione della Commissione sono state curate dalla Commissione sanitaria scolastica, composta da medici e professionisti saharawi, che nel corso dell’anno strutturano visite e screening a tutta la popolazione pediatrica attraverso un lavoro capillare nelle scuole. Sempre grazie a loro, è stato possibile raccogliere i dati durante le visite. Due volontari dell’associazione Kabara Lagdaf hanno seguito le commissioni sanitarie.
Le Commissioni sono state ospiti della ministra della Salute pubblica saharawi dove hanno potuto riferire sul lavoro svolto. In questa occasione tutti i membri delle Commissioni, i volontari dell’associazione ed in primo luogo la ministra hanno espresso soddisfazione per quanto è stato fatto ed anche per la risposta dei cittadini saharawi.
“Il Sahara occidentale è ancora un territorio conteso – riflette l’assessora alla Cooperazione internazionale del Comune di Ravenna Annagiulia Randi – e nonostante gli sforzi delle Nazioni unite che continuano ad avanzare nuove proposte, purtroppo senza arrivare ad alcun risultato concreto, la situazione è immobile; pertanto gli interventi della cooperazione rappresentano l’unico strumento di sostegno, riconoscimento e assistenza alla popolazione. Tutto questo sarebbe impossibile senza il prezioso contributo del volontariato e dei professionisti che prestano il loro impegno a queste attività”.