Quest’anno ricorre l’80° anniversario dell’Eccidio di via dei Martiri, avvenuto a Russi nella notte del 5 settembre 1944. Il cippo, posto all’incrocio tra le vie Violetta, Brunetta e dei Martiri, segna il punto in cui, per mano di un reparto militare tedesco, vennero fucilati cinque civili innocenti in rappresaglia alla morte di un soldato tedesco.
Come ogni anno il Comune di Russi ricorda le vittime dell’eccidio con una cerimonia, in programma giovedì 5 settembre, al cippo di via dei Martiri (ore 11), a cui è invitata tutta la cittadinanza e durante la quale le Autorità deporranno una corona commemorativa.
Questa la ricostruzione di quanto accaduto 80 anni fa, a cura della ricercatrice e insegnante Enrica Cavina per l’Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia.
In un telegramma del 17 settembre 1944 il capo della provincia Grazioli annuncia:
«5 settembre a Russi il comando germanico a seguito dell’uccisione di un militare germanico avvenuta la sera precedente ad opera di sconosciuti faceva fucilare Bulgarelli Artidoro del 1886, Casadio Menotti del
1920, Grassi Amedeo del 1896, Morelli Giuseppe del 1897 e Patrignani Giuseppe del 1897 tutti del luogo».
Il partigiano Ambrosio, responsabile della zona 7, invia il 5 settembre al suo comando militare un rapporto in cui conferma il collegamento tra l’uccisione del soldato tedesco e la rappresaglia del giorno successivo.
In realtà le dinamiche che portano all’uccisione di tutti e cinque gli uomini non sono così lineari.
A morire sono Bulgarelli, Casadio, Grassi, Morelli e Patrignani, ma fino a poche ore prima dell’episodio né il
numero né l’identità delle vittime designate è ancora decisa.
Dopo l’uccisione del soldato tedesco menzionata da Grazioli, i suoi camerati, a scopo di rappresaglia, procedono a caso, alla cattura di cinque persone fra cui Casadio Menotti e Morelli Giuseppe. Condottele alla sede del presidio della GNR locale, ha qui luogo un incontro tra un ufficiale tedesco, Monti Secondo, componente della brigata nera di Ravenna e commissario prefettizio di Russi, e Naldoni Giuseppe, addetto all’attività di investigazione e propaganda. Durante il colloquio sono consegnati all’ufficiale tedesco gli esemplari d’ufficio delle carte d’identità di alcune persone. Su indicazione dei fascisti, l’ufficiale accetta di inviare alcuni suoi soldati, accompagnati da militi della GNR, alla cattura di Patrignani Giuseppe, Bulgarelli Artidoro, tenente colonnello in pensione, «mutilato e direttore di tutti i mutilati d’Italia» dai noti sentimenti antifascisti, e Grassi Amedeo, amministratore della ditta Rambaldi Pietro Augusto, industriale in laterizi sospettato di favoreggiamento verso l’organizzazione partigiana.
Dopo il loro arresto, l’ufficiale tedesco ha un secondo colloquio con il comandante del presidio, Cornacchia, che lo convince a limitare la rappresaglia alla fucilazione di solo due persone. L’ufficiale richiede il benestare del comando di piazza di Ravenna, che accetta la scarcerazione di tre degli ostaggi. I cinque catturati sono separati: Patrignani e Grassi da una parte, Bulgarelli, Casadio e Morelli dall’altra.
Immediatamente è disposta la pubblicazione di un manifesto che annunci alla popolazione la fucilazione per rappresaglia di due persone. Il manifesto va in stampa, ma poco prima dell’esecuzione l’ufficiale tedesco riceve nuove disposizioni da Ravenna che gli impongono di estendere la rappresaglia a cinque persone e di fucilarle sul luogo dell’uccisione del soldato.
Accade così che il 5 settembre tutti e cinque gli arrestati sono fucilati, in via Violetta da un reparto militare tedesco.