“Personalmente sono sempre stata contraria all’abitudine degli anni passati di usare l’arma del fermo dell’autotrasporto come spauracchio da ritirare una volta ottenuto ciò che le associazioni volevano, spesso in termini autoreferenziali, ma oggi davanti a questa escalation del costo del carburante occorre unirsi e immaginare proteste forti. Non dimentichiamo a riguardo che il Ministero pubblica mensilmente i costi indicativi di riferimento del gasolio per l’attività di autotrasporto, dati che dovrebbe essere utili per adeguare le tariffe ogni mese. Si tratta di uno strumento non vincolante e, in un regime di concorrenza selvaggia, di fatto disapplicato, ma se ci basiamo su questi dati il costo chilometrico che oggi un autotrasportatore dovrebbe richiedere alla propria committenza sarebbe superiore di un 50-60% delle tariffe reali che per molti operatori si aggirano ancora su 1 euro a chilometro.
“Di fronte all’aumento incontrollato del prezzo del carburante occorre mettere in campo tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione. Il settore dell’autotrasporto rischia di naufragare, tante piccole e medie aziende sono a un passo dalla chiusura e la criminalità organizzata, da sempre interessata a questo mondo, sta sfruttando questa situazione in modo evidente. Ecco allora che anche il fermo dell’autotrasporto, troppo spesso evocato a sproposito, a questo punto deve essere preso in seria considerazione”.
A parlare è la portavoce della associazione di piccoli imprenditori dell’autotrasporto Ruote Libere, Cinzia Franchini.
“Noi lo diciamo dal nostro osservatorio di nicchia e l’auspicio è che le associazioni di categoria che siedono all’Albo, raccolgano questo appello: occorrono azioni di protesta unitarie e decise. Purtroppo i segnali vanno invece in direzioni diverse. Ieri Unatras, il coordinamento unitario dell’autotrasporto che raggruppa i camionisti di Cna, Confartigianto e Confcommercio, ha proposto l’introduzione di crediti di imposta per ammortizzare gli aumenti del carburante.
Una idea che non condividiamo, del tutto scollegata dalla realtà perché dimentica che le piccole e medie imprese, spina dorsale del settore, spesso chiudono i bilanci in pareggio o addirittura in perdita e quindi non hanno crediti da poter scaricare.
Le azioni da fare in modo urgente sono due: congelare la vergognosa tassa sulle tasse ovvero l’Iva sulle accise e stabilizzare al ribasso il prezzo del carburante. In assenza di questi provvedimenti il nostro mondo deve mobilitarsi perché il rischio è che domani le associazioni di rappresentanza ancora impegnate a difendere rendite di posizione personali, non abbiano più nulla da rappresentare”.