Scoperta un’evasione previdenziale di 4.500.000 euro al termine di un’indagine dell’Ispettorato del Lavoro di Ravenna, in collaborazione con il personale di vigilanza dell’Inps. Il sistema si reggeva su rimborsi per viaggi mai effettuati e finte trasferte lavorative in tre anni, dal 2018 al 2021, che hanno riguardato 300 lavoratori di un gruppo di imprese metalmeccaniche, con sedi legali fuori dalla provincia di Ravenna.
Confrontando i documenti aziendali con le buste paghe, è stato scoperto che gli operai non avevano mai eseguito trasferte e in altre circostanze i lavoratori non avevano mai adoperato la propria auto per viaggi di lavoro: la quasi totalità della forza lavoro delle aziende invece era occupata in vari cantieri nella città di Ravenna. Dalle attività investigative si è anche scoperto che parte dei documenti che dovevano giustificare le trasferte o i rimborsi chilometrici venivano compilati successivamente e all’insaputa degli operai e, in altri casi, venivano apposte firme non riconosciute dagli stessi lavoratori.
Nei rari casi di autentici viaggi di lavoro, poi, i rimborsi non venivano calcolati a norma di legge. Si è scoperto nei fatti che le indennità di trasferta e chilometriche mascheravano maggiori retribuzioni per accordi tra il datore di lavoro e i singoli lavoratori, e in altre circostanze le indennità esenti da contribuzione servivano a occultare le retribuzioni per ore di lavoro ordinario e straordinario, determinando il meccanismo della cosiddetta “paga globale” in frode ai contratti collettivi e alle leggi in materia previdenziale.
In sostanza, coprendo una parte degli stipendi con i finti rimborsi, i datori di lavoro hanno aggirato gli obblighi previdenziali, dichiarando un monte stipendi molto inferiore alla realtà e di conseguenza versando molti meno oneri previdenziali.