copyright repubblica.it

Si è tinta di nero la giornata di ieri sul Monviso, la montagna più alta delle Alpi Cozie, famosa per le sorgenti del Po e per il suo inconfondibile profilo. Un alpinista di 60 anni, G.G, della provincia di Ravenna, è morto durante la discesa dalla cima, a quota 3.841 metri. Si tratta dell’uomo che, dopo aver bivaccato nella notte tra giovedì e venerdì sulla cresta est, a circa 3.600 metri, ieri mattina non è salito sull’elicottero che ha invece recuperato in vetta il compagno. A causa della nebbia e delle condizioni meteo avverse, il soccorso alpino ha dovuto in un primo tempo rimandare il recupero del cadavere, individuato alla base di una parete in una zona impervia, e solo verso sera l’eliambulanza del 118 di stanza a Levaldigi è riuscita a imbarcare il corpo.

Il compagno sceso a valle con l’elicottero del 118 — un settantaduenne di Marina di Ravenna — dopo aver trascorso assieme a lui la notte all’addiaccio perché sorpresi dal maltempo, ha provato più volte senza successo a mettersi in contatto con l’amico, che in realtà avrebbe conosciuto solo poche ore prima della tragedia. Con il passare delle ore i sospetti sono sembrati diventare certezze. Tanto più che l’escursionista non è mai arrivato al rifugio Quintino Sella, dove avrebbe dovuto passare prima della discesa al Pian del Re per recuperare l’auto e tornare a casa. A dare l’allarme è stato un rocciatore tedesco, che ha visto l’alpinista — da solo — precipitare. L’incidente è avvenuto lungo la via che sale da sud, la cosiddetta normale. Spiegano le guide del Monviso che proprio quel passaggio, durante la discesa, è uno dei più pericolosi, dove è difficile riconoscere le tracce del sentiero tracciato. Le squadre del Soccorso Alpino della valle Varaita e della valle Po si sono mosse subito per raggiungere il luogo della tragedia.

Anche l’elicottero del soccorso alpino ha sorvolato l’area a lungo, ma solo dopo alcune ore, approfittando di uno spiraglio tra le nubi in quota, è riuscito ad individuare il corpo dell’alpinista. Una guida alpina, che è anche volontario del Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese, e che saliva con alcuni clienti, si è calato in prossimità del corpo constatandone il decesso. La dinamica della caduta, del resto, ” appariva incompatibile con la vita”, precisa il Soccorso Alpino. Impossibile organizzare una spedizione da valle, a causa delle condizioni meteo. Si temeva di dover rimandare l’operazione a questa mattina. Come d’altronde è stato necessario fare tra la serata di giovedì e la mattinata di ieri, quando la cordata dei due alpinisti aveva lanciato una prima volta l’allarme. La nebbia ha impedito il volo e alla coppia non era rimasto che bivaccare nell’ultima parte della cresta est — d’altronde le temperature, con il caldo di questi giorni, erano sufficientemente miti — raggiungendo la vetta solo ieri all’alba. Poi la discesa di uno solo dei due e la tragedia.

 

fonte repubblica.it