Si dice che non bisogna dipingere il diavolo più brutto di quel che è, ma con Mayr-Melnhof non si corre questo rischio». Così Saverio Monno, segretario generale Slc Cgil Ravenna, e Ryan Paganelli, segretario provinciale Uilcom Uil di Ravenna, commentano «l’ennesimo ribaltone della multinazionale del “pacco” sulla vertenza dell’ex Farmografica di Cervia. Una storia talmente brutta che chi l’ha orchestrata ha ben pensato di non mostrarsi in favore di telecamera o di non palesarsi affatto in terra di Romagna».

«Se gli austriaci non ci hanno messo la faccia – spiegano Monno e Paganelli – non è stato per cautela, ma per pudore. Lo chiarisce un documento di dieci paginette e due atti, a invocare gli effetti della legge 223 del ‘91, indirizzate a Rsu, sindacati e istituzioni, che da oggi non sono più un’idea, un’ipotesi di licenziamento collettivo, ma una realtà esposta al giudizio di tutti. Dei bambini, anzitutto. Che non ci guardano, nonostante il titolo di quel vecchio film di De Sica, ma che, per stare tranquilli, “chiudete gli occhi ai fotografi”, come qualcuno ha chiesto dal management della divisione italiana di MM Packaging durante l’ultimo tavolo prefettizio. Ché se ci guardassero, povere creature, proverebbero una certa paura del mondo adulto che li circonda. Non che ad occhi adulti, queste circostanze, provochino meno raccapriccio».

«Il documento elenca motivazioni a giustificazione della chiusura del tutto irricevibili. Si va dalle difficoltà di un mercato, quello del packaging farmaceutico, particolarmente agguerrito, allo scarso appeal della piazza italiana, che gli austriaci non giudicherebbero appetibile. In questo contesto lo stabilimento cervese non sarebbe proprio all’altezza della competizione, tant’è che avrebbe “causato rilevanti perdite di esercizio registrate dalla società negli ultimi quattro anni”. E poco conta, per Vienna, che quelle perdite riguardassero la gestione della precedente proprietà e che la performance del plant fosse figlia di diversi anni di sostanziale abbandono, disinvestimenti produttivi e di macchinari d’antan. A queste valutazioni, che l’azienda doveva ben conoscere quando taceva alle parti sindacali informazioni contrattualmente doverose e dettagli di un piano industriale per Cervia che non è mai giunto a destinazione, si è poi aggiunta la tragedia dell’alluvione, che ha spianato la strada a propositi di delocalizzazione, che gli austriaci non avrebbero saputo giustificare senza l’allagamento dello stabilimento. Dopo gli eventi alluvionali, però, tutto ciò che appariva impossibile appena qualche giorno prima, era diventato di colpo giustificabile, a partire dalle delocalizzazioni all’estero. Appariva addirittura irrealistica, di lì in avanti, l’idea di valutare soluzioni diverse dal licenziamento dei 91 dipendenti del cervese».

«Ancora oggi però – lamentano Monno e Paganelli – non abbiamo avuto alcun riscontro documentale sulla polizza assicurativa che avrebbe consentito all’azienda di ricevere ristori sui danni prodotti dall’alluvione. Non una parola sui ristori relativi al mancato fatturato. Non una parola sulle risorse raccolte attraverso i pagamenti dell’assicurazione (dove sono finiti i soldi? Come saranno contabilizzati?) e non uno straccio di riferimento sulle dinamiche del fatturato e delle commesse dei clienti, rispetto alle quali, nonostante le ripetute richieste di parte sindacale, non è mai stato chiarito nulla. Parlano di clienti in fuga? Ragioniamone con trasparenza, verifichiamo, acconsentano ad una investigazione, direttamente tra quei clienti, e ci consentano di toccare con mano se e in quale misura siano e sarebbero poi effettivamente calate le commesse. Non una parola sulla quantità e qualità degli investimenti necessari per la ripartenza. Non una parola sulle valutazioni aziendali relative all’acquisto di nuovi macchinari. Non una parola sull’imbarazzante e frettolosa ricerca di alternative all’acquisto. Non una parola sugli investimenti necessari al nuovo sito produttivo. Non un accenno alle condizioni di acquisizione del nuovo sito (se attraverso l’acquisto o l’affitto, di un terreno vuoto piuttosto che di un capannone già edificato). Poche righe, infine, per manifestare un entusiasmo di maniera (più che di sostanza) circa l’interessamento ad acquisire l’attività della Farmografica da parte del gruppo Focaccia: una “bolla papale” del CEO della divisione Pharma, Andreas Koppitz, un corsivo virgolettato, in inglese e in italiano, recante l’avallo teutonico: MM è molto interessata nell’esplorare opzioni alternative quali quelle del trasferimento dei dipendenti a un’altra società. Siamo fortemente intenzionati e interessati a trovare il miglior modo possibile al fine di ridurre l’impatto della nostra decisione sui nostri collaboratori».

«Ad anticipare il documento telefonate di cortesia rivolte, urbi et orbi, ad istituzioni, sindacato ed Rsu, e un incontro altrettanto cortese in occasione del quale rassicurare che la trattativa per l’acquisizione dell’attività da parte del cervese Focaccia non subirà battute d’arresto».

«Ma ormai “ti conosco mascherina!”. La pazienza è esaurita. Siamo stanchi di questa farsa. E poco conta se al tavolo in prefettura qualcuno da Vienna dovesse usarci la cortesia di una presenza di maniera: in assenza di vincoli reali e impegni sostanziali, è impossibile immaginare di concedere linee di credito ulteriori a chi non perde occasione per dimostrare la propria inaffidabilità e il sostanziale disprezzo per le lavoratrici e i lavoratori, il sindacato, le istituzioni del nostro Paese».

«L’abbiamo sostenuto e ribadito già in altre occasioni, non si tratta soltanto di un inaccettabile attacco alle lavoratrici ed ai lavoratori, a 91 famiglie, è un attacco all’economia di un intero territorio. Per questo invitiamo, cittadine e cittadini, lavoratrici, lavoratori, i partiti politici del territorio, le istituzioni locali e nazionali a mobilitarsi e sostenere il presidio di domani 22 dicembre in piazza XX settembre, a Ravenna, a partire dalle 11,30. E facciamo appello al governo affinché sia presto convocato un tavolo di confronto a Roma presso il ministero guidato da Urso per una tempestiva e positiva soluzione della vertenza che sappia salvaguardare gli attuali livelli occupazionali e l’economia cittadina. Se lo ritengono – concludono Monno e Paganelli – gli austriaci vadano pure via da Cervia, ma non pensino di continuare a lucrare sulla vicenda. Non pensino di lasciarsi alle spalle macerie e disperazione. Non glielo permetteremo».

 

     Saverio Monno                Ryan Paganelli

SLC CGIL RAVENNA          UILCOM UIL RAVENNA