23/05/2018 – Martedì 15 maggio feci un appello alla solidarietà della cittadinanza a favore di una famiglia ravennate sfrattata e senza tetto, composta da Nicola M. e sua moglie, quarantenni, e da quattro figli.
Appena ricevuto l’avviso di sfratto dalla casa di proprietà (venduta all’asta per impossibilità di continuare a pagare il mutuo), Nicola presentò ad Acer, il 12 dicembre 2017, domanda di casa popolare, fondata in sostanza sui seguenti principali elementi di punteggio: figli tra 2 e 17 anni; entrate esclusive dal lavoro di Nicola come operaio elettricista, da cui un reddito Isee di 7.977,80 euro; invalidità civile dell’80% dovuta a una grave malattia, diagnosticata a Nicola nel 2017 (per la quale ha sofferto un pesante trattamento chemioterapico e un autotrapianto di cellule staminali); residenza nel Comune di Ravenna da un ventennio.
Serviva “il reperimento di un nuovo alloggio temporaneo in attesa che la casa popolare venga consegnata, cosa che avverrà, stando alla graduatoria, entro l’anno” (dichiarazione pubblica dell’amministrazione comunale in data 14 maggio 2018). La risposta della cittadinanza al mio appello è stata toccante. In particolare, sono state otto le offerte di un alloggio e/o di aiuti economici (soprattutto per pagare un affitto) e materiali (da parte di M.M., C.G., E.B., E. S. G., A.U., G.Z, dell’imprenditore 335-563…., di un’associazione religiosa), che tuttavia, in un’altalena di opportunità e di docce gelate, non avevano prodotto fino a sabato scorso, anche per ostacoli intervenuti o frapposti, la disponibilità immediata e sufficientemente durevole di un alloggio atto a non dividere, nello stato attuale di sofferenza, la famiglia. Lunedì 21 sarebbe scaduto il termine finale per liberare di ogni mobile e suppellettile la casa, da cui la famiglia era fuori già da martedì 14.
Restava solo la provvidenza, la quale si è proposta domenica mattina nella veste di una famiglia ravennate che, volendo rimanere anonima, ha offerto ospitalità gratuita temporanea agli sfrattati nel proprio appartamento estivo situato nel comune di Ravenna, idoneo ad ospitarli tutti, rinunciando ad utilizzarlo essa stessa per la corrente stagione. Dalla notte stessa di lunedì, Nicola e la sua famiglia dormono lì.
A nome mio, essi rivolgono un commosso ringraziamento alla generosa benefattrice, estendendolo a tutti quanti hanno espresso partecipazione al loro disagio.
Com’è potuto succedere
Molti mi hanno chiesto com’è potuto succedere. Rispondo neutralmente, senza commenti o polemica. Per continuare a dimostrare l’assoluta oggettività con cui tratto il caso in oggetto, metterò tra virgolette i passi estratti da dichiarazioni scritte rilasciate dall’amministrazione comunale, la cui documentazione è in mio legittimo possesso.
“L’Assistente Sociale del territorio ha conosciuto il nucleo a febbraio 2018 a seguito di una segnalazione che il sig. M. inviava al sig. Ancisi, rappresentando la sua situazione”. Il “sig. Ancisi” è un amministratore del Comune di Ravenna, tra l’altro presidente della commissione Sanità pubblica e Qualità della vita. “A tale proposito l’A.S., tenuto conto della presenza di una persona con invalidità e di 4 figli minori e considerato l’imminente sfratto, allora programmato per metà aprile, aveva ritenuto opportuno segnalare la situazione in emergenza abitativa, poiché il sig. M. sosteneva di non riuscire a trovare un appartamento sul libero mercato…Oltretutto comunicava che Acer gli riferiva che poteva contare su un buon punteggio per poter ottenere fra qualche mese un alloggio popolare…La segnalazione di emergenza abitativa, discussa nel tavolo per le emergenze, non ha avuto esito positivo”. Emergenza abitativa significa, secondo l’art. 25 del regolamento di accesso alle case popolari, che, anche scavalcando o ignorando la graduatoria delle famiglie richiedenti un alloggio popolare, “a fronte di situazioni di disagio socio-economico in condizioni di improcrastinabile necessità abitativa, documentata, si interviene sentito il Tavolo di Emergenza abitativa ad individuare, nel limite delle disponibilità, un alloggio temporaneo” (sottinteso, se possibile tra i 2.205 alloggi popolari del Comune di Ravenna provvisoriamente non occupati). “Successivamente al nucleo è stata fatta una proposta di inserimento in emergenza per madre e figli presso l’albergo sociale, proposta non accettata dal nucleo” (che non voleva separare il padre). Tralasciando i ripetuti inviti a che “il nucleo reperisse un alloggio nel libero mercato”, cosa che non gli è stata possibile nelle condizioni familiari di reddito, lavoro, salute e composizione numerica e anagrafica (provarci per credere), “è stata data inoltre l’indicazione di rivolgersi ad una cooperativa sociale che grazie a fondi regionali dà la possibilità a nuclei, con determinati requisiti, di poter accedere a contratti di locazione calmierati con l’intermediazione del servizio…ma il nucleo non ha accolto tale proposta”. La cooperativa sociale sarebbe stata la Snoopy, il cui unico alloggio disponibile sarebbe stato a San Pancrazio di Russi. Ma il nucleo in questione non avrebbe avuto il requisito inderogabile, imposto dalla Regione, dell’idoneità dell’alloggio, che per sei persone è di 90 metri quadrati. Si trattava invece di un appartamentino di 58, con solo due camere da letto di 14 e 9,75. Comunque, Snoopy non avrebbe potuto, per legge, accettare la proposta del Comune. Oltretutto, Nicola e famiglia se, per assurdo, avessero potuto stipulare quel contratto di affitto, avrebbero perso la residenza nel Comune di Ravenna, requisito fondamentale per restare nella graduatoria delle case popolari del Comune stesso, rimettendoci il diritto ad ottenerne una.
Cosicché, il 14 maggio, giorno dello sfratto, l’unica proposta agibile dei Servizi sociali, scritta nel verbale del Tribunale civile, è stata: “alloggio sociale scorporando il nucleo in quanto reddito alto”. La famiglia aveva tutte le ragioni per non dividersi, ma il cosiddetto “reddito alto” è quello che, dovendosi mantenere sei persone (compresi due ottimi studenti delle scuole superiori) con uno stipendio da operaio sia pur buono, corrisponde ad un’Isee che non arriva a 8.000 euro, di poco superiore ai 7.500 che il Comune di Ravenna ha fissato come soglia della povertà. Su di esso, incide quanto segue: “…il sig. M. comunica inoltre di avere un debito con l’Agenzia delle Entrate a causa di un fallimento di una ditta di sua proprietà, dichiara di versare € 400,00 mensili che terminerà di pagare a fine anno” (versamenti, dunque, di circa 5 mila euro l’anno, effettuati da Nicola per circa 7 anni, facilmente documentabili a richiesta).
Di qui la situazione che, in un giorno di festa comandata, un angelo senza ali ha provveduto a risolvere. “In attesa (dice il Comune) che la casa popolare venga consegnata, cosa che avverrà, stando alla graduatoria, entro l’anno”.