Ravenna si aggiudica il restauro dell’opera La Resurrezione di Lazzaro, nel concorso Opera Tua di Coop Alleanza 3.0, contro il “Busto di Luigi Poletti”, sostenuto dal Comune di Rimini, grazie al 52% dei votanti (129.083).
La grandiosa pala d’altare di Francesco Zaganelli da Cotignola, dipinta ai primi del Cinquecento e conservata da sempre nell’antico monastero camaldolese di Classe, oggi biblioteca Classense, l’ha spuntata sul busto realizzato da Pietro Tenerani nel 1857 e raffigurante l’architetto del Teatro comunale di Rimini.
La sala Muratori, già sacrestia della chiesa di San Romualdo, vedrà dunque presto il completo recupero artistico del dipinto, che fa da sfondo alle numerose attività culturali in essa ospitate e che promette non poche sorprese per gli studiosi. Il restauro della pellicola pittorica, infatti, consentirà di comprendere meglio e di valorizzare un capitolo importante della storia dell’arte romagnola del Cinquecento, riportando l’opera al suo antico splendore e consentendo di individuare altri interventi di restauro effettuati nel corso dei secoli, alcuni dei quali potrebbero aver obliterato parti originali dell’opera.
«Siamo molto soddisfatti di questo risultato, che attesta innanzitutto l’attenzione e l’amore della nostra comunità per l’arte e per la cultura», dichiara l’assessora Elsa Signorino. «I Ravennati si sono stretti attorno a questo importante dipinto, prezioso simbolo dell’antica storia della città, e hanno colto in pieno l’occasione offerta da Coop Alleanza 3.0, che con grande sensibilità da 5 edizioni ormai porta avanti il progetto “Opera tua” per il restauro di opere d’arte in tutta Italia e che questa volta finanzierà il recupero della nostra pala d’altare»
“Opera tua” è un progetto di Coop Alleanza 3.0 nato per valorizzare la cultura del territorio e che permette, tramite una competizione tra due opere candidate dalle città di appartenenza, di scegliere un capolavoro da restaurare votando online. Organizzato da Coop Alleanza 3.0 insieme a Fondaco Italia, che ha deciso la rosa dei possibili restauri con l’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale e alle istituzioni locali, gode del patrocinio del Touring Club Italiano. Le dodici opere della quinta edizione provengono da Emilia-Romagna, Puglia, Marche, Veneto e Friuli Venezia Giulia. I restauri sono finanziati con una percentuale sulle vendite dei prodotti Fior Fiore Coop.
La Resurrezione di Lazzaro di Francesco Zaganelli è un dipinto importantissimo per l’intero territorio romagnolo e non solo per Ravenna, citato addirittura da Giorgio Vasari nelle sue celebri “Vite”. Il decano degli storici dell’arte apprezzò personalmente l’opera nell’antico monastero di Classe e fornisce uno straordinario e unico “endorsement” sul pittore e sul dipinto, definito “di una complessità compositiva stupefacente” (G. Viroli, 1993).
A Ravenna, subentrato, come narra ancora Vasari, all’egemone e allora appena scomparso Nicolò Rondinelli, Zaganelli divenne a tutti gli effetti il più singolare e affermato pittore di Romagna. Nel grande dipinto (306×450 cm) Marta e Maria sono raffigurate in piedi presso la tomba di Lazzaro, di fronte è il Cristo, ai loro piedi tre uomini stanno aprendo il sepolcro. Alle spalle del Cristo e delle donne la folla si assiepa per assistere al miracolo. Alcuni bambini sono raffigurati nell’atto di allontanarsi terrorizzati tappandosi il naso per il cattivo odore. In cielo è il Padre Eterno, attorniato da angeli in un groviglio di panneggi.
La grande pala era un tempo collocata sull’altare maggiore della chiesa di San Romualdo di Ravenna, annessa all’Abbazia di Classe dentro le mura, e ora troneggia presso la Sala Muratori della Biblioteca Classense, già sagrestia della stessa chiesa, facendo da sfondo di assoluta eccezione ad alcuni tra i maggiori eventi culturali cittadini da essa ospitati.
Ma le grandi memorie della città bizantina emergono anche dalla relazione tra il dipinto e l’antico ospedale di San Lazzaro, poi trasformato nella celebre abbazia camaldolese di Classe e di cui l’attuale chiesa, poi dedicata a San Romualdo (1637), costituisce dunque una preziosa, ultima memoria. Il dipinto potrebbe esser stato lasciato incompiuto dall’autore e completato da allievi e in questo senso il restauro già iniziato, che ha riguardato finora parti strutturali ma che si auspica possa spingersi fino al recupero completo della pellicola pittorica, potrebbe riservare sorprese e fornire nuovi dati agli studiosi su uno dei capitoli più importanti della pittura romagnola del Cinquecento. E in ogni caso permetterebbe di rivedere, dopo tanto tempo, volti, paesaggi e colori con la stessa freschezza che avevano secoli fa, quando furono dipinti dal Maestro cotignolese.
Francesco di Bosio Zaganelli (Cotignola, 1460 – Ravenna 1532), attivo nella nativa Cotignola, inizia la sua produzione in stretta collaborazione con il fratello Bernardino, con cui conduce una bottega fino ai primi anni Dieci del Cinquecento, periodo in cui Francesco risulta risiedere a Ravenna. Mentre Bernardino si mantiene entro i binari di un’educazione ferrarese-bolognese, Francesco fu spirito inquieto, sollecitato dalle più disparate tendenze pittoriche del tempo, dal venetismo romagnolo divulgato da Palmezzano, Carrari e Rondinelli ai primi esperimenti grafici di origine nordica, che riecheggiano Dürer, elaborando le sue composizioni in una promiscuità di scuole e stili diversi. Sue opere si trovano presso la National Gallery di Londra, la Pinacoteca di Brera a Milano, il Museo di Castelvecchio a Verona e il MAR di Ravenna.