Sappiamo bene cosa abbiano significato le alluvioni di maggio in termini di vite umane (17 morti) e di danni all’economia umana (10 miliardi di euro). È meno facile trovare stime dei costi subiti da altre vite animali. L’Associazione Regionale Allevatori Emilia-Romagna ha quantificato le perdite relative ai cosiddetti animali da reddito in decine di migliaia di capi bovini, suini e ovinicaprini, nonché di almeno un milione di avicoli anch’essi annegati. Non ci sono dati, se non collegati a specifici eventi, per quanto riguarda quelli “da compagnia”. Del tutto impossibile, comunque, dimensionare in termini di morti la catastrofe che ha colpito la fauna selvatica. A cui deve aggiungersi, a causa della distruzione dell’habitat, la compromissione di nascite e nidificazioni sia nei territori collinari che in pianura.
Sembrerebbe ovvio, dunque, aspettarsi l’attivazione delle Istituzioni per agevolare la ripresa della fauna selvatica nel dopo alluvione. D’altra parte la tutela degli animali è dallo scorso anno compresa tra i principi fondamentali della Costituzione (art. 9). Invece non è così ovvio. Il calendario venatorio della nostra Regione prevede una preapertura della stagione che consentirà di iniziare a sparare sin dalla prossima domenica. Per fare in modo che ciò che dovrebbe essere scontato non venga subordinato ai voleri del partito delle doppiette, molte associazioni (Animal Liberation, Arca 2005, Cadapa, Circolo Legambiente Delta del Po di Comacchio, Cruelty Free, Enpa Ravenna, Italia Nostra Ravenna, Lav Bologna, Lac Emilia Romagna, Leidaa, Lndc Animal Protection, Oipa Italia, Panda Imola, Protezione Animali Ambiente Cesena) hanno sottoscritto una formale richiesta alla Regione per ottenere lo stop della caccia.
Dopo tutto, se non bastasse la Costituzione, l’applicazione dell’articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, pone in capo alla Regione il vietare la caccia o la riduzione del periodo in cui è consentita «per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità». «Per queste motivazioni, che dovrebbero essere condivisibili anche da coloro che sostengono di avere a cuore la natura e il benessere della fauna selvatica per poi ucciderla, confidiamo in una sospensione dell’imminente apertura della stagione venatoria per dare la possibilità agli animali selvatici di recuperare un normale ciclo vitale irrimediabilmente compromesso dai tragici avvenimenti climatici dello scorso maggio» concludono le associazioni.
I precedenti non aiutano. Ricordiamo il velocissimo dietro-front rispetto al divieto che accompagnò la strage di anatidi nella valle della Canna per l’epidemia di botulino. Quello che abbiamo chiamato il partito delle doppiette, in realtà, potrebbe chiamarsi direttamente PD, viste le posizioni a favore della caccia volta a volta fatte proprie dai rappresentanti di quel partito nelle Istituzioni. Ravenna in Comune appoggia la richiesta delle associazioni come già fatto in occasione delle precedenti campagne a tutela del benessere degli animali. L’antispecismo ci appartiene come l’antirazzismo e l’antifascismo. Come Ravenna in Comune siamo contro tutte le forme in cui si vorrebbe che “l’altro/a” fosse “subordinato” al “noi” e, coerentemente, anche in questo caso sosteniamo la richiesta per una immediata sospensione della caccia.