Le lunghe liste di attesa nella sanità emiliano-romagnola e ravennate in particolare sono, da tanti anni, un problema serio. Che la pandemia non poteva che aggravare. Ci si ricorderà, per chi ha memoria, che nella campagna elettorale per le elezioni regionali, svoltesi nel gennaio 2020, era già un tema di dibattito a volte infuocato. Perché il problema c’era già, naturalmente. Ora la Regione afferma di volerci mettere una pezza.
«L’Emilia-Romagna presenta il piano di smaltimento delle liste di attesa? Vogliamo comprendere quali saranno le modalità, visto che ad oggi sembra ‘fantascienza’. La Regione continua a fare proclami distanti anni luce dalla realtà che il personale e i cittadini vivono rispetto ai servizi offerti». Così il Sindacato.
Le soluzioni proposte dalla Regione? Più assunzioni, più straordinario e più privato. Il Sindacato, però, lamenta il blocco delle assunzioni, che ha impedito addirittura le stabilizzazioni del personale già in servizio. E poi: «Non siamo in grado di garantire l’obiettivo, perché non c’è personale a sufficienza. E chiedere a chi è rimasto di fare anche quel tipo di percorso programmatorio per recuperare le prestazioni rimaste in sospeso per il Covid è praticamente chiedergli di spremersi ancora più di quanto sono spremuti». Quanto al privato: «Bisogna mantenere il perimetro della sanità pubblica all’interno di certe garanzie costituzionalmente previste. La sanità deve tornare a essere universale. Quindi, avvalersi del privato accreditato, ok. Però a supporto di quelle pubbliche. Che rimanga il perimetro della sanità pubblica!».
Quali i ritardi più sensibili? Secondo la stampa di ieri: «Solo il 68% delle visite oculistiche viene evaso nei tempi, solo il 61% delle visite diabetologiche, solo il 69% delle visite dermatologiche». Queste le percentuali regionali. Nello specifico locale: «Una colonscopia? A Lugo non si può fare, a Ravenna l’attesa è di un anno». E lo stesso vale per prenotare un “fondo dell’occhio” e tante altre visite specialistiche non urgenti. Vogliamo ancora chiederci perché poi i cittadini disperati provino a cercare nel “pronto soccorso” le soluzioni che non trovano nella medicina non emergenziale?
Sempre sulla stampa di ieri (lettera firmata sulle pagine dedicate a Ravenna) leggiamo altre testimonianze a dir poco sconcertanti: «Gradirei che qualcuno mi spiegasse come mai per ottenere una prenotazione tramite il Cup per sottopormi a un esame facendo riferimento al Servizio sanitario nazionale dovrei attendere addirittura per un anno, mentre andando tramite vie private per la stessa prestazione, nello stesso ospedale e con lo stesso medico si trova posto già due giorni dopo la prenotazione! Questa sarebbe l’eccellenza della sanità emiliano/romagnola di cui tanto si parla?».
Venerdì mattina era stato addirittura il Sindaco ad andare giù duro: «Basta tagli alla sanità in Italia. La spesa sanitaria nel nostro Paese nel giro di tre anni scenderà sotto i livelli del 2019». Dimentica di dire, il buon Michele de Pascale, che è proprio il suo partito che, oltre che a livello comunale, governa a Roma e a Bologna, a praticare quei tagli. Dunque, invece di far finta di indignarsi, potrebbe fare una telefonata al suo segretario, quello che lo aveva elogiato in campagna elettorale come uno dei principali dirigenti del PD su cui investire per il futuro. E poiché la lagnanza il Sindaco ha deciso di farla dal palcoscenico di un operatore della sanità privata, proprio per elogiarne la lungimiranza negli investimenti, come Ravenna in Comune vorremmo ricordargli che il privato, nella sanità, è il problema, non la soluzione. Ci dica piuttosto il Sindaco da che parte sta. Si schiera dalla parte della cittadinanza che vorrebbe una sanità pubblica funzionante in tempi congrui con un servizio efficiente? Oppure dalla parte dei privati che prosperano su questa situazione in Emilia-Romagna, come in Veneto o in Lombardia? Tra governo del PD e della Lega, quanto meno nella sanità e nella sudditanza al privato, le differenze sfumano. Guarda caso proprio nelle regioni che su questi temi pretendono di esercitare l’autonomia differenziata. Va ricordato che rispetto a tutto ciò il privato nella sanità ravennate già oggi è a livelli record anche per l’Emilia-Romagna. Solo 6 posti letto su 10, in provincia di Ravenna, sono in strutture pubbliche ed è l’incidenza più bassa in Regione. Siamo proprio sicuri, signor Sindaco, che quella di mettere la sanità nelle mani degli interessi dei privati sia la soluzione migliore per la cittadinanza?