“Abbiamo scritto pochi giorni fa dei tentativi di zittire chi non si uniforma al racconto monocorde e si ostina a cercare di fornire invece un punto di vista in opposizione a quello rilanciato dalla grancassa del potere. Vale per il giornalismo coraggioso, sempre più raro e sempre più sotto tiro. E abbiamo citato il caso della faentina Linda Maggiori ad esempio eloquente e recente di questo ignobile andazzo. Non è un caso unico, naturalmente, nel mondo di quel giornalismo che rivendica il suo ruolo indipendente e costituzionalmente indispensabile.
Ci ricordano le cronache che, peraltro, non solo nel giornalismo le minacce giudiziarie sono diventate una clava per tacitare chi alza la voce. La recente sentenza che ha riguardato una consigliera comunale ravennate porta infatti l’attenzione su un altro fondamentale bastione della democrazia costituzionale sempre più spesso sottoposto a pressioni perché non svolga il proprio ruolo: quello di rappresentare la parte di cittadinanza che non si riconosce nella politica della maggioranza. La vicenda riguarda Samantha Tardi, eletta in Consiglio Comunale a rappresentare una lista civica (CambieRà) durante la scorsa consigliatura. Con lei Ravenna in Comune ha avuto modo di collaborare proficuamente in iniziative politiche curate assieme al nostro consigliere, Massimo Manzoli. Ha avuto però il torto, evidentemente, di esercitare con coerenza il propri ruolo di opposizione. Avevamo già denunciato la faccenda quando si era verificata. Ora riporta la stampa quanto dichiarato dal suo avvocato, Alberto Ancarani, anche lui (nel suo caso ancora) consigliere comunale dell’opposizione (Forza Italia):
«Termina, perlomeno in primo grado, un tentativo ai limiti dell’intimidazione da parte del sistema di potere Pd che ha costretto una cittadina non più consigliera comunale a subire le forche caudine del sistema giustizia, le spese conseguenti e l’ansia che accompagna simili percorsi, protrattosi fin qui per ben 5 anni. A questo si aggiungono le numerose pressioni arrivate per le vie brevi alla signora Tardi da vari esponenti del Pd o loro sodali che la invitavano a “trovare un accordo per il tuo bene” e alla quale, senza una simile tempra, pochi forse sarebbero riusciti a resistere. La stessa richiesta della stratosferica somma di 100.000 euro grida vendetta per l’impudenza nel formularla a fronte, come il Giudice ha ampiamente argomentato, di non aver prodotto alcuna prova circa l’esistenza di un danno realmente subito. L’unica cosa che manca sono le scuse a Tardi, che dovrebbero giungere non tanto da Petrosino, quanto dai vertici del sistema di potere Pd, sconfitto, per una volta, almeno nelle aule di giustizia».
Come si può leggere nel seguito dell’articolo: «Sostanzialmente, l’ex consigliere comunale Petrosino accusava la Tardi di aver nuociuto alla sua reputazione per aver indovinato, attraverso l’autoinvio di una pec, la sua vittoria nel bando di concorso per l’assunzione di un direttore operativo in Autorità di Sistema. La Tardi, invece, teneva il punto evidenziando come la propria denuncia pubblica non fosse relativa alla competenza di Petrosino, ma rappresentasse null’altro che una chiamata generale “sui metodi che il sistema di potere del Pd di questo territorio è solito porre in essere”». Mario Petrosino, già consigliere comunale per il PD, ricopre dal 2020 la posizione di direttore operativo che era vacante da 5 anni. Sino al 2015 il ruolo di direttore operativo dell’Autorità Portuale era stato ricoperto da Guido Ceroni, in precedenza Segretario Generale dell’Ente e, prima ancora, Assessore comunale in quota PD.
Va ricordato che, come per i giornalisti di opposizione al sistema, anche le azioni contro i rappresentanti di opposizione dei cittadini non sono un caso isolato. Ricordiamo infatti la nota di un’altra lista civica (La Pigna) riportata dalla stampa a conclusione della vicenda riguardante Veronica Verlicchi, quale consigliera di opposizione: «Gli accusati hanno semplicemente esercitato il diritto di cronaca e libertà di espressione garantito dall’art 21 della Costituzione. Verlicchi si è contraddistinta in questi anni per avere più volte chiamato in causa le responsabilità di Daniele Rossi su diverse questioni di sua competenza. In virtù di questo, la querela di Rossi appare proprio come un maldestro tentativo di zittire l’opposizione per aver fatto il proprio dovere». In questo caso a riassumere la vicenda sono stati, nel 2021, direttamente i giornali querelati assieme alla consigliera (e ad altro esponente de La Pigna): «Il presidente dell’Autorità portuale di Ravenna, Daniele Rossi, ha querelato Ravenna&Dintorni e il Corriere Romagna per degli articoli usciti a dicembre 2019. Ne abbiamo dato notizia sul nostro sito qualche giorno fa quando è arrivata l’archiviazione del gip. Epilogo giudiziario a cui si è giunti dopo che Rossi si è opposto alla richiesta di archiviazione già avanzata, con tanto di motivazioni ben circostanziate, dal pubblico ministero. “La pubblicazione non travalica mai i limiti del diritto di cronaca giudiziaria”, ha scritto il gip. […] Gli articoli riferivano di una lettera anonima recapitata a una consigliera comunale (Veronica Verlicchi della Pigna, a sua volta denunciata per un post su Facebook) con la lamentela di una frettolosa archiviazione senza motivazioni di una segnalazione di presunto mobbing a danno di alcuni dipendenti di Ap, fatta attraverso l’apposito portale previsto per le pubbliche amministrazioni in modo da consentire al personale interno di restare anonimi.
Le indagini suppletive proposte da Ap nel momento in cui si è opposta all’archiviazione – individuare l’indirizzo Ip del computer da cui è partita la segnalazione e una perizia calligrafica sull’indirizzo sulla busta recapitata a Verlicchi – sembrano più inquadrare i contorni di una caccia alla gola profonda piuttosto che la volontà di appurare l’effettiva diffamazione. In ogni caso non è un scenario entusiasmante. E c’è davvero qualcosa di curioso nel fatto che i vertici di una pubblica amministrazione vogliano risalire all’autore di una segnalazione – definendolo “diffamatore originario” – in un sistema che vuole garantire l’anonimato apposta per favorire la trasparenza negli enti pubblici». Daniele Rossi, il capo di Petrosino, è stato nominato Presidente dell’Ente Porto ravennate dal Ministro Graziano Delrio (PD) nel 2016 e riconfermato nella carica dalla Ministra Paola De Micheli (PD) nel 2021.
La casistica non si esaurisce qui ma, per completare il quadro, preferiamo arretrare di qualche anno per rimanere in ambito portuale, territorio evidentemente ritenuto particolarmente sensibile e quindi dove questo tipo di situazioni si ripete nel tempo. Entrambe riguardano Alvaro Ancisi, consigliere comunale di un’altra lista civica, Lista per Ravenna.
Nella prima notizia, risalente al 2018, Ancisi ricordava che: «All’inizio del 2015 Galliano Di Marco, allora presidente dell’Autorità Portuale di Ravenna, presentò un atto di denuncia/querela contro di me per supposta diffamazione nei suoi confronti, a causa di un intervento da me effettuato in consiglio comunale sul progetto di Hub portuale di Ravenna, il cosiddetto “Progettone”, relativo, in particolare, allo smaltimento dei fanghi di dragaggio del porto nei vasti terreni ad uso agricolo tra Ravenna e Porto Fuori. […] Il 13 novembre 2017, il Giudice, accogliendo le valutazioni del Pubblico Ministero, ha archiviato definitivamente il procedimento, aggiungendo anche che il mio intervento “aveva avuto una valenza politica critica verso l’amministrazione comunale».
Sempre nel 2018 si dava conto di quanto segue: «Nel 2015 la Cmc di Ravenna citò in giudizio per diffamazione il capogruppo di Lista per Ravenna, Alvaro Ancisi, per alcuni giudizi espressi dal consigliere in merito alla costruzione del Ponte mobile – da lui soprannominato “ponte immobile”, criticato dal consigliere per tempi, modi e costi di realizzazione – fino a chiedere un mega risarcimento di quasi due milioni di euro per danni. Il caso esplose quando nel settembre 2014, in occasione di una veleggiata sul Candiano, il ponte mobile non riuscì ad aprirsi bloccando le barche. Ancisi contestò malfunzionamenti e presunti problemi di costruzione. Oggi, dopo tre anni, Ancisi esce vincitore dalla causa milionaria.
“La causa civile ha percorso interamente il primo grado di giudizio – spiega il decano dell’opposizione – La sentenza ha respinto totalmente la richiesta della Cmc. Il giudice afferma che c’è stata, nei passi contestatimi dalla Cmc e pubblicati da alcuni giornali, un lecito esercizio del diritto di cronaca e di critica. La presenza e la gravità degli evidenziati difetti di funzionamento, insieme al rispetto dell’interesse pubblico dei fatti, porta ad escludere il carattere diffamatorio delle mie dichiarazioni, dovendosi piuttosto ritenere di essere in presenza di una legittima critica, proveniente da un esponente politico dell’opposizione, che esula da frasi costituenti intenzionalmente un’offesa e dirette unicamente a ledere l’immagine della società”». Cmc, per la cronaca dei fatti, è stato il soggetto costruttore del ponte girevole sul Candiano e ne ha pure curato per un periodo la manutenzione, a ciò incaricata dall’Autorità Portuale. Sarebbe scorretto identificare la cooperativa, ora in profondissima crisi, con il PD, tuttavia non sono mai stati messi in dubbio dagli interessati i rapporti intercorsi tra i rispettivi mondi. Come spiegava l’allora segretario provinciale PD Alberto Pagani: «Certamente non sono mondi distanti ma sono rigorosamente distinti e questo significa che ciascuno assume le proprie decisioni in autonomia piena e totale».
Per il bene della democrazia, come Ravenna in Comune esortiamo il PD ad avere analogo rispetto per la piena e totale autonomia dei rappresentanti dell’opposizione in Consiglio Comunale e per quella dei giornalisti e dei giornali quando svolgono in maniera indipendente la loro funzione. E se, come è facile immaginare, inesistente è la considerazione per la democrazia e i ruoli costituzionalmente rilevanti di opposizione e informazione (al di là di vuote parole di circostanza nelle feste civili comandate), sappia quel partito che da parte nostra la consapevolezza dell’autonomia c’è tutta. E non aspettiamo certo di rientrare in Consiglio Comunale per esercitarla. Come chi ci segue può verificare ogni giorno.”