“A Ravenna conosciamo bene il candidato del centrosinistra alla Presidenza della Regione. Troppo bene, purtroppo. Nel resto della Regione il suo volto e la sua assertività un po’ enfatica sono noti a partire dall’alluvione, quando le interviste a quel Sindaco che scaricava ogni responsabilità su nutrie e ambientalisti erano rilanciatissime da telemeloni e da tutta la grancassa mediaticamente complice.
A Ravenna, invece, sappiamo bene cosa ha fatto e cosa non ha fatto. In particolare abbiamo presente che ha evitato in ogni modo di attuare la legge urbanistica (pur colabrodo) regionale per continuare a consentire ogni cementificazione, mentre raccontava che in un futuro lontano avrebbe promosso il consumo di suolo zero. I record di impermeabilizzazione del suolo se li è fatti certificare addirittura da ISPRA e i risultati si sono visti quando la fiumana non ha avuto altro luogo dove riversarsi se non le case, le fabbriche, le strade e le piazze: nessuno spazio libero dove i fiumi potessero allargarsi, nessuna possibilità che ci fosse terreno libero per assorbire l’acqua stagnante. Quanto alla prevenzione, che adesso dice essere mancata dando la colpa al Governo, come Ravenna in Comune sappiamo bene essere stato anche lui a non far nulla: non è certo per caso se abbiamo votato contro tutti i bilanci da lui presentati in Consiglio Comunale (finché c’eravamo) proprio per l’assenza di risorse per la tutela del territorio. E dopo i disastri? Non è cambiato niente. Sono proseguiti i via libera alle edificazioni anche in aree a rischio sommersione. E per il futuro si propone di allentare anche i pochi vincoli regionali…
Sulla salute, che dice sarà al centro delle sue attenzioni se eletto, aveva garantito che l’introduzione dei CAU avrebbe poi risolto i gravissimi problemi del Pronto Soccorso ma così non è stato. Ora prova a scaricare la patata del progressivo sfacelo della sanità sull’attuale assessore regionale ma è uno dei primi a sostenere che “privato convenzionato” è bello, anzi, che il pubblico deve sempre più sostenersi sul privato. Ossia sul sistema delle cliniche private incluse nel servizio sanitario, che tante risorse e tanto personale si mangiano a spese delle strutture autenticamente pubbliche. Se l’ospedale ravennate, il Santa Maria delle Croci, figura al 90esimo ed ultimo posto in Romagna nelle classifiche internazionali (e non è mai salito più su di così negli anni in cui è stato Sindaco) non è per caso. Così come non sono finte le continue testimonianze di malasanità che arrivano ai giornali, proprio quelle che ci si illudeva a noi non potessero mai capitare.
L’elenco delle magagne che noi conosciamo bene, ma che fuori Ravenna non viene diffuso, sarebbe lungo: aria irrespirabile, troppi morti su lavoro, padroni a cui è consentito di tutto, cantieri che non si chiudono mai, stragi sulle strade… Poiché queste righe non possono trasformarsi in un trattato enciclopedico dei guasti prodotti da de Pascale, concludiamo ricordando che per lui il territorio che dovrebbe amministrare è un regno su cui signoreggiare. Cittadine e cittadini sono sudditi a cui nemmeno si deve rispondere se avanzano qualche obiezione, qualche richiesta, se propongono alternative. Le petizioni, che riguardino strade inutili ma mangiaterreno o la salvaguardia di architetture o la tutela di alberi e animali o dei posti di lavoro a rischio o il contrasto ai disservizi di una multiutility, ecc., non ricevono attenzione. I voleri dei più forti, che sia la cosiddetta lobby del fossile o quella delle lottizzazioni, invece, sono prontamente eseguiti. In altre parole, per de Pascale la democrazia è una bella parola da ricordare nei discorsi ufficiali il 25 aprile e poi da riporre prontamente nello sgabuzzino delle scope.
Questa, come Ravenna in Comune lo diciamo per chi non lo sapesse, è la sostanza dietro al sorriso da cartellone del candidato de Pascale. Se lo conosci, lo eviti. E noi, appunto, lo conosciamo bene!”