“È indubbio che ENI benefici come pochi altri di una complicità mediatica amplissima nel creare un ambiente informativo favorevole a far recepire la propria narrazione. Quella che qualcuno definirebbe realtà edulcorata ed altri chiamerebbero direttamente fake news. Riportiamo di seguito qualche esempio recente.
A Calenzano, dove in un deposito del Gruppo una deflagrazione ha ucciso 5 persone e ne ha ferito 26, le prime ricostruzioni della Procura indicano come possibile origine dell’evento l’aver dato corso ad una procedura intrinsecamente rischiosa che avrebbe visto l’esecuzione in contemporanea di più manutenzioni oltre a normali attività operative. La stampa ha però dato ampio rilievo alle smentite di ENI secondo cui ad oggi sarebbe «assolutamente prematuro ipotizzare la natura delle cause reali dell’esplosione» e, più in specifico, riguardo una presunta seconda manutenzione, questa sarebbe stata in previsione ma «non in corso al momento dell’esplosione». In genere, quando accade un fatto eclatante, come una gravissima strage che avrebbe potuto essere epocale se le fiamme avessero raggiunto i serbatoi, i media danno solo ed esclusivamente la versione della procura e i presunti colpevoli non hanno nessuna possibilità di controbattere. In questo caso la potenza mediatica di ENI si vede proprio dalla possibilità accordatale nel rilanciare una propria visione concorrente a quella della procura con pari spazio rispetto ai magistrati.
Pochi giorni prima dei fatti di Calenzano tutti i media riportavano con enfasi lo svolgimento di un’esercitazione per affrontare un’ipotetica emergenza sicurezza in un altro deposito ENI. A Ravenna. «Lo scenario simulato prevedeva una manifestazione pacifica all’ingresso dell’impianto che, a causa dell’infiltrazione di alcuni individui, si è trasformata in una situazione delicata». Ossia si trattava di fermare un flash mob di ambientalisti, come se esistesse veramente un pericolo “ambientalista” per la sicurezza degli impianti. Un errore? Neanche per sogno, ENI ha tenuto a far sapere che «Si tratta di attività che rientrano tra le prerogative delle autorità competenti a proteggere le infrastrutture critiche, per noi sono attività in linea con le nostre procedure. Quanto agli scenari definiti con le autorità, questi sono di volta in volta prescelti sulla base delle minacce più credibili nel contesto attuale e che giustificano un’azione coordinata dalle autorità di sicurezza». Nessun organo di stampa ha osato evidenziare, dopo i fatti di Calenzano, che non già gli ambientalisti, autori esclusivamente di proteste non violente, ma la stessa ENI rappresenta attualmente la “minaccia più credibile” per la sicurezza.
L’ultimo esempio riguarda ancora Ravenna e, in particolare, una presunta transizione energetica che ENI promuoverebbe. Il tema della transizione energetica, riferisce la stampa, sarebbe stato affrontato da ENI in una apposita tavola rotonda organizzata a Ravenna da Omc e Corriere Romagna e svoltasi il 9 dicembre, cioè lo stesso giorno dell’esplosione di Calenzano. Si sarebbe trattato di una sorta di prologo della prossima edizione della fiera dell’energia che si terrà in aprile al Pala De André. In questa occasione ENI avrebbe magnificato il suo progetto, pluripompato da un un punto di vista mediatico, di estrarre sangue dalle rape, ossia di estrarre CO2 ed imbrigliarla sotto terra. Racconta ENI, e la stampa riporta puntualmente senza nessuna obiezione, che sarebbe partita la prima fase pilota: «Cominciamo con lo stoccaggio di 25mila tonnellate di CO2 all’anno a una profondità di tremila metri. Per ora andiamo a catturare l’anidride carbonica prodotta dalla nostra centrale di Casal Borsetti che poi viene iniettata nel sottosuolo utilizzando la stessa infrastruttura che oggi estrae gas». Aggiunge ENI che «La seconda fase prevede di arrivare a un volume di 4 milioni di tonnellate all’anno entro il 2030 e successivamente fino a 16 milioni di tonnellate annue. Stimiamo che la capacità totale dei giacimenti esauriti in Adriatico sia di circa 500 milioni di tonnellate». Il conto si fa presto. Visto che l’UE ha disposto di ridurre i livelli di CO2 del 1990 del 55% al 2030, tra 6 anni le emissioni in Italia di CO2 dovrebbero raggiungere al massimo le 234 milioni di tonnellate. Precisa ENI che attualmente «La produzione italiana di CO2 è di circa 410 milioni di tonnellate all’anno». La differenza è pari a circa 176 milioni di tonnellate di CO2, rispetto alle quali il contributo di sottrazione previsto dal progetto CCS di ENI, l’unico progetto italiano, sarebbe di sole 4 milioni di tonnellate. Ammesso che funzioni, naturalmente, visto che è appena partito. Nessun giornale ha però osato ridicolizzare, come si sarebbe dovuto, il racconto di ENI, nonostante l’evidente inconsistenza di un progetto costosisissimo e rischiosissimo che nessun beneficio di una qualche consistenza apporta agli obiettivi da raggiungere per evitare l’estinzione dell’attuale società umana.
Il mondo dell’informazione è in crisi. La pubblicità rappresenta una indispensabile boccata di ossigeno per un paziente con una gravissima insufficienza respiratoria. Non abbiamo dati aggiornati sulle spese pubblicitarie di ENI. Gli ultimi disponibili risalgono al 2015/2016 durante il quale il cane a sei zampe aveva speso in Italia poco meno di 100 milioni di euro nel biennio. Sarebbe bene tenerlo presente quando si ascolta la voce di ENI raccontare con tutto comodo la propria storiella nell’assordante silenzio del giornalista che gli ha dato l’occasione di rilanciarla. Noi di Ravenna in Comune, ad esempio, lo abbiamo ben presente. Abbiamo mantenuto alta la sorveglianza durante tutto il nostro mandato in Consiglio Comunale, abbiamo votato contro senza problemi alle proposte avanzate dal Sindaco per favorire la multinazionale del fossile e continuiamo con lo stesso atteggiamento anche ora che facciamo opposizione fuori da Palazzo Merlato. Non ci sembra che quante e quanti attualmente siedono in Consiglio Comunale, del centrodestra o del centrosinistra che siano, abbiano mai osato avanzare qualche obiezione alle richieste di ENI puntualmente fatte proprie dalla Giunta a guida PD. Starà alla cittadinanza esprimere un giudizio mettendo il conseguente voto sulla scheda quando ne avrà l’opportunità la prossima primavera.”