“C’è un ex Sindaco (e ex Senatore) che, parlando dell’operazione “porto turistico di Marina di Ravenna”, l’ha definita “un bel giochino”. E c’è la cooperativa agricola ferrarese Sorgeva, che si è ritrovata sul groppone il “bel giochino”, che ha dichiarato di voler «vendere la marina che è totalmente estranea al business di Sorgeva e alla quale finora è costata ben 10 milioni» e intende cedere anche «gli ultimi 7 appartamenti così come gli esercizi commerciali». Nel fine settimana il giornalista Giorgio Costa ha intervistato sia il politico che l’agricoltore e ha fatto il punto: «Sorgeva, all’inizio, aveva il 17% del capitale di Marinara ed entrò in gioco per una scelta politica di LegaCoop Ferrara. Ora il valore del complesso è di circa 9 milioni ma trovare l’acquirente (in campo c’è l’advisor Alvarez & Marsal) non è un’operazione semplice». Per quanto lo riguarda, il politico è sicuro del fatto suo: «se Marina fosse diventata la capitale del gioco di spiaggia, anche la parte commerciale di Marinara poteva e doveva trarne beneficio sia come vendita che come servizi. Peccato davvero. Marina di Ravenna ha perso la sua grande occasione. All’epoca, facemmo una scelta giusta con Marinara e con l’idea di valorizzare la vela a Marina di Ravenna e credo sia stato un delitto non avervi dato seguito. È chiaro che l’insuccesso di Marinara non dipende dall’amministrazione locale che io guidai: noi abbiamo indicato una traiettoria di sviluppo per il paese che poi non è stata perseguita né dai privati né dal pubblico».
Come Ravenna in Comune siamo solidali con l’agricoltore: una coop sana è stata fregata da quanto impostole dal “sistema”. Che fosse un “sistema”, quello da cui Sorgeva non poteva “scappare”, del resto, è il politico ad ammetterlo: «Non è la prima volta che le coop garantiscono altre coop. In questo caso è finita male». Pochi giorni fa (“Marina: le piramidi del degrado”, 25 gennaio 2024) ricordavamo: «Dello stravolgimento operato su Marina di Ravenna a causa dell’operazione “Marinara” portano responsabilità i Sindaci che si sono succeduti alla guida delle Amministrazioni comunali succedutesi tra la fine del secolo scorso ed oggi. Oltre, ovviamente, alle maggioranze che hanno sostenuto quell’enorme lottizzazione che si è “mangiata” l’affaccio al mare tra molo Dalmazia e diga Zaccagnini. E principale responsabile, altrettanto ovviamente, è il partito dell’attuale Sindaco, che ha garantito la necessaria continuità all’operazione e che tale lottizzazione ha fortemente voluto. Dal 1998 in avanti, in più fasi, si è così avuto, prima, l’avanzamento della linea di costa e, poi, la demolizione di molti dei fabbricati che caratterizzavano, a debita distanza dall’acqua, tale costa: circoli dove si praticavano sport acquatici, una discoteca e, perfino, la costruzione che racchiudeva il modello fisico del porto di proprietà statale (del Genio per le opere marittime). Al suo posto è sorto l’attuale quartiere, abitato d’estate negli appartamenti e in molti locali commerciali vuoto in ogni stagione».
L’occasione di intervenire ci era venuta dalla necessità di ricordare all’Amministrazione i «ruderi alla radice di quella che è la più nota e caratteristica passeggiata turistica di Marina di Ravenna: la diga intitolata a Benigno Zaccagnini. Gli scheletri di due piccole piramidi sormontano l’edificio principale, rimasto “al grezzo” e in abbandono. Un capannone in degrado costituisce il prolungamento verso il parcheggio. In arrivo e in rientro da uno dei principali centri di attrazione del paese, quasi tre chilometri di passeggiata in mezzo al mare, è impossibile non vedere lo scempio». Ora dalla stampa apprendiamo che, sotto il profilo del completamento del progetto originario, «Marinara ha terminato i lavori prescritti dall’Autorità portuale: distributore di carburante, parcheggio a servizio del cantiere e piazzale per lo svuotamento delle acque nere per oltre 800mila euro di lavori». Dunque, torniamo a chiedere all’Amministrazione de Pascale, quando, come e, soprattutto, chi, alla fine del giochino, rimetterà assieme i cocci? E con i cocci intendiamo le piramidi del degrado, certo. Ma anche i cocci della «mancata integrazione della darsena con il paese» che perfino Mercatali ammette. Perché, almeno sul fatto che questo sia il problema dei problemi, non si può che essere d’accordo.”