“Lo scorso anno, a livello nazionale, gli infortuni denunciati all’INAIL sono stati 697.773, in aumento del 25,7% rispetto al 2021, del 25,9% rispetto al 2020 e dell’8,7% rispetto al 2019. C’è stato un incremento rispetto al 2021 sia dei casi avvenuti in occasione di lavoro (+28,0%) sia di quelli in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro (+11,9%). Per quanto riguarda le malattie professionali si sono sfiorate le 61mila denunce. Sempre con riferimento alle denunce INAIL, poi, lo scorso anno i casi mortali sono stati 1.090.
Quello che colpisce nell’atrocità di queste morti è il fattore età. La fascia d’età più colpita dagli infortuni mortali sul lavoro in termini assoluti è quella tra i 55 e i 64 anni ma l’indice di incidenza più alto di mortalità rispetto agli occupati riguarda gli over 65. Secondo INAIL il tasso è di 93,6 infortuni mortali per ogni milione di occupati (quello più basso riguarda all’opposto la fascia tra i 25 e i 34 anni, con un tasso del 17,1). Corrispettivamente nel periodo 2012-2022 tra gli occupati, i 15-34enni sono diminuiti del 7,6 per cento e quelli nella fascia di età 35-49 del 14,8 per cento; sono invece aumentati i 50-64enni del 40,8 per cento e gli over 65enni del 68,9 per cento.
La conferma dei dati arriva dallo stillicidio delle morti che spuntano tra le pagine delle cronache. Così sappiamo che pochissimi giorni fa, il 12 aprile, è stata la volta di Dario che aveva 69 anni ed è precipitato da 20 metri di altezza assieme al suo collega Angelo (di 51 anni, anche lui morto, mentre il terzo, Claudio di 21 anni, è ancora in pericolo di vita). Giuseppe ne aveva 71 quando è morto, il 6 aprile, cadendo dal tetto di un capannone. Adriano, invece, è morto il 16 marzo per il ribaltamento del suo trattore e di anni ne aveva 76. Diego è morto il 17 febbraio schiacciato da un portone a 70 anni. Eccetera.
Va tenuto a mente che i dati forniti dall’INAIL sono parziali poiché l’Istituto non effettua nessun monitoraggio su scala generale, ma si limita a contabilizzare le sole denunce relative ai lavoratori assicurati. Dal conto mancano perciò notizie su almeno 4 milioni di lavoratori in quanto non assicurati. Aggiungendo anche i casi non contabilizzati da INAIL nel 2022 si dovrebbero aggiungere più di 400 decessi per cause di lavoro, arrivando a circa 1.500 morti in Italia in un solo anno! Quanti di questi fossero tra i più vecchi non è dato sapere. Così come non sappiamo come impatti questo elemento sulla situazione ravennate. Nel report che riguarda il solo numero delle morti da lavoro schedate da INAIL provincia per provincia, Ravenna nel 2022 si collocava all’8° posto in Italia con 12 casi. Quanti infortuni riguardino effettivamente le lavoratrici ed i lavoratori più anziani ravennati non lo sappiamo. Ci ricordiamo comunque che Franco il 19 agosto 2020 è morto a 60 anni e a pochi giorni dal pensionamento mentre lavorava nel nostro porto. E Bujar, invece, non stava per andare in pensione il 15 luglio 2021 quando è morto tra i coils della zona industriale di Ravenna anche se di anni ne aveva già 63.
Del resto i motivi per i quali si rimane a lavorare nonostante si svolga un’attività ormai incompatibile con l’età anagrafica riguardano anche le lavoratrici ed i lavoratori ravennati, ovviamente. Causa l’infame provvedimento “Fornero” l’età del pensionamento è oramai avanzata. Ma anche per chi l’avrebbe raggiunta non è scontato aver maturato contributi sufficienti perché l’assegno consenta di vivere (gli over 75 arrivano a circa 600 euro di minima; chi è più “giovane” resta sotto…) e dunque in qualche modo bisogna trovare il modo di arrotondare. Anche salendo su ponteggi, tetti, piattaforme, sollevando pesi, ecc.
In realtà questi dati per Ravenna dovrebbero essere disponibili da tempo. Nel 2019 come Ravenna in Comune conquistammo in Consiglio Comunale il via libera all’istituzione di un apposito Osservatorio per la sicurezza e la legalità del lavoro che, tra le altre attività, avrebbe dovuto fornire anche i dati locali sul lavoro. Il 29 luglio dello scorso anno il Prefetto, a cui il Sindaco ha sbolognato la patata, annunciava l’istituzione dell’Osservatorio, specificandone anche il compito di “organismo di monitoraggio dei dati”. Solo il 10 novembre si è formalmente insediato. Ha mai fatto qualcosa? Poiché il disposto approvato dal Consiglio Comunale nel 2019 è tuttora vincolante per il Sindaco, Ravenna in Comune chiede a Michele de Pascale di aggiornare la cittadinanza sui lavori dell’Osservatorio e rendere pubblici i dati raccolti. La piaga di morti e feriti su lavoro che interessa sempre di più proprio lavoratrici e lavoratori in condizione di massima fragilità va arrestata. Restiamo in attesa di risposta che, auspichiamo, diversamente da tutte le volte in cui viene interpellato senza esito, questa volta il Sindaco si degni di fornire.”