“C’è anche un po’ di Ravenna a Genova, tra i miasmi che si diffondono man mano che le trascrizioni delle telefonate di Toti & co. vengono pubblicate. Nel porto di Ravenna una delle famiglie più impegnate nel settore portuale è quella degli Ottolenghi: La Petrolifera Italo Rumena, Petra, Docks Cereali, Depositi Italiani GNL i nomi dei terminal presenti sul porto di Ravenna. E poi gli Ottolenghi detengono una quota di assoluto rilievo nel gruppo SAPIR e, quindi, nel controllo dei terreni su cui si gioca l’espansione portuale. Se si curiosa sul sito del Gruppo PIR (che sta appunto per Petrolifera Italo Rumena), si trova però il riferimento ad un altro nome che rinvia proprio alla Città della Lanterna. Un altro nome con cui è conosciuto il capoluogo ligure, infatti, è la Superba, affibbiatole a quanto pare dal Petrarca in segno di rispetto e ammirazione. E proprio Superba è il nome che porta la società di proprietà di Ottolenghi del deposito costiero di Multedo, un quartiere del ponente genovese, collegato al porto petroli dello scalo. Opera nel settore dello stoccaggio e della movimentazione di prodotti chimici liquidi. Accedendo al sito dedicato si apprende per prima cosa che la focalizzazione principale di tutta la società, da tempo, è sulla sua delocalizzazione.

Proprio della delocalizzazione dei cosiddetti Depositi Chimici di Multedo, cioè Superba e la vicina Carmagnani, in effetti, (si apprende dalla stampa) «si occupa un dialogo intercettato tra Toti [il presidente della Regione Liguria] e Bucci [il sindaco di Genova] riportato nell’ordinanza di custodia cautelare: parlando dello sviluppo portuale, presidente della Regione e sindaco parlano dei molti “desiderata” da parte degli operatori. Bucci paragona gli imprenditori portuali “ai maiali a cui dava da mangiare da piccolo”. Toti conta di ottenere dagli stessi nuovi finanziamenti». Tra i nomi citati nel seguito del dialogo figura quello di Spinelli, un importante operatore portuale genovese, indicato dall’indagine come uno dei principali corruttori (“Da Toti al Pd, tutti nello yacht di Spinelli”). «Qui emerge il collegamento con la partita “depositi”. Toti: “Spinelli vuole che gli tombiamo quel cazzo di Concenter…” e Bucci: “Certo! Infatti noi lo tombiamo, appena ci risolvono il problema dei depositi, tombiamo. Glielo dico chiaro e tondo io… hai capito?”. Toti: “Sì, ma sui depositi Spinelli è neutrale eh… non gliene fotte neanche…”. E Bucci: “No ma lui anzi, dice che va bene…da quel punto di vista lì, ci ci supporta”».

Il problema è che nel porto di Genova gli spazi sono incommensurabilmente inferiori rispetto all’appetito dei maiali. Partendo da questa fondamentale considerazione, leggiamo ancora sulla stampa: «Per ora non ci sono ipotesi di reato né iscritti nel registro degli indagati ma la procura di Genova ha aperto un fascicolo sulla discussa partita del dislocamento dei depositi chimici di Superba e Carmagnani da Multedo, nel ponente cittadino, a ponte Somalia, nel porto di Sampierdarena. Il progetto, su cui mercoledì è arrivato un sostanziale stop del Tar (che ha contestato sia l’iter autorizzativo sia i fondi del decreto Genova stanziati da Bucci, in qualità di commissario straordinario, per l’operazione), è stato da sempre osteggiato dagli abitanti di Sampierdarena, ma anche da diversi operatori portuali – per ragioni di concorrenza sulle banchine – e da gran parte dell’opposizione.

I pm genovesi pensano che il via libera alla decisione sia arrivato dopo pressioni indebite. A insospettire è stata la giravolta del Ctr, comitato tecnico regionale, che inizialmente si era espresso definitivamente sul dislocamento per motivi di sicurezza. Poi, però, in 9 giorni, la posizione era cambiata. Dal no si era passati a un sì condizionato. Nel frattempo, però, erano accaduti fatti poco chiari. Una riunione del Ctr si era interrotta per un malore del presidente, il comandante dei vigili del fuoco Claudio Manzella. Nei giorni successivi il documento di via libera era arrivato, benché condizionato, e con due mesi di ritardo rispetto alle scadenze stabilite per legge».

Suona così come una presa in giro il fatto che mentre si indaga, (lo ripetiamo «per ora non ci sono ipotesi di reato né iscritti nel registro degli indagati») il Tar, come detto, abbia bloccato proprio il progetto di delocalizzazione su cui si sono appuntati i sospetti dei magistrati. Del resto che quella dello spostamento non fosse una partita facile Guido Ottolenghi lo spiegava bene già in un video del 2019 per Primo Canale, un’emittente televisiva ligure il cui editore risulta ora tra gli inquisiti dei magistrati. Chiedeva retoricamente: «Chi è che comanda in porto? Chi è che comanda nella città?». E aggiungeva: «Noi pensiamo che questa materia sia regolata da delle leggi molto complesse, molto rigorose e molto vincolanti. E quello che vorremmo è che, alla fine, a decidere fossero le leggi, non i gruppi di pressione».

A Genova la risposta su chi comanda e quanto valgano le regole la stanno dando in questi giorni le inchieste della magistratura. A Ravenna la risposta è stata data, qualche anno fa, direttamente in Consiglio Comunale. Era stato presentato un progetto per realizzare due enormi depositi di gnl (gas naturale liquefatto) in porto, ben prima della vicenda del rigassificatore dello stesso prodotto. Il richiedente era lo stesso Ottolenghi il quale chiedeva che i due depositi raggiungessero l’altezza di m.23,71, ben oltre il massimo consentito dalle norme urbanistiche, ossia m.12,50, per ottenere una capacità di 10.000 mc l’uno. Fu lo stesso Comune che avrebbe dovuto fare rispettare la regola a chiedere che non lo fosse. Propose la deroga l’Assessora Del Conte. I suoi uffici spiegarono che serbatoi più bassi non sarebbero stati economicamente sostenibili per il privato. La deroga poteva essere accolta, però, solo in presenza di un interesse pubblico. Questo venne motivato con un presunto miglioramento della qualità dell’aria. Un miglioramento della qualità dell’aria dovuto ad 11 metri e 21 centimetri in più di altezza? E poi avrebbe dovuto riguardare, eventualmente, dei silos portuali. E cosa c’entravano i silos, cioè dei magazzini per merci alla rinfusa (granaglie), con degli enormi serbatoi per il gas liquefatto (gnl)? Ravenna in Comune, facendosi portavoce della contrarietà da parte degli abitanti dei lidi (le scuole sono a circa 500 metri dai serbatoi), fu l’unica forza politica in Consiglio Comunale a votare contro una delibera non rispettosa né delle regole né della volontà popolare che, però, fu ugualmente approvata.

Ogni porto ha i suoi padroni, verrebbe da dire o, usando le irrispettose parole del sindaco di Genova, i suoi maiali. E ogni porto ha chi fa di tutto per sfamarli. Come Ravenna in Comune ci appropriamo della parole di Ottolenghi perché valgano anche per Ravenna: «quello che vorremmo è che, alla fine, a decidere fossero le leggi, non i gruppi di pressione». Anche in porto. In ogni porto. Anche in città. In ogni città.” 

Ravenna in Comune