“Oggi, 20 giugno, è la giornata mondiale dedicata a chi si è dovuto rifugiare in un Paese o in un’area diversa da quella dove risiedeva prima di spostarsi alla ricerca di sicurezza e protezione per sfuggire a guerre, violenza, persecuzioni, violazioni dei diritti umani e condizioni di invivibilità dei territori di origine. Secondo l’ultimo rapporto presentato dall’Agenzia ONU UNHCR nel mondo il numero delle persone in fuga risulta in costante crescita da 12 anni cosicché negli ultimi 10 anni è addirittura raddoppiato. A maggio scorso il numero delle rifugiate e dei rifugiati era arrivato a 120 milioni di individui. L’aumento più consistente riguarda le persone che abbandonano le proprie case ma rimangono nel proprio Paese: 68,3 milioni di persone, con un incremento di quasi il 50% in soli 5 anni. In Sudan, dall’esplosione del conflitto nell’aprile 2023, sono stati registrati più di 7,1 milioni di nuovi sfollati nel Paese (e altri 1,9 milioni si sono rifugiati oltre i confini del Paese). Nella Striscia di Gaza lo scorso anno 1,7 milioni di persone (cioè il 75% della popolazione) erano sfollate a causa della violenza catastrofica. Oggi il numero è ulteriormente cresciuto con molti rifugiati palestinesi costretti a fuggire più volte. La Siria, d’altra parte, si trova ancora con 13,8 milioni di persone costrette alla fuga. La popolazione di rifugiati più numerosa a livello globale è quella afghana, che rappresenta uno su sei di tutti i rifugiati sotto il mandato dell’UNHCR.

Iran (3,8 milioni), Turchia (3,3 milioni), Colombia (2,9 milioni), Germania (2,6 milioni) e Pakistan (2 milioni) ospitano le popolazioni di rifugiati più numerose. Quasi tutti i rifugiati ospitati in Iran e Pakistan sono afghani e, allo stesso modo, quasi tutti i rifugiati in Turchia sono siriani. Nonostante la percezione, il rapporto di UNHCR ci dice che la stragrande maggioranza dei rifugiati è ospitata in Paesi limitrofi a quelli della crisi (69%), e il 75% risiede in Paesi a basso e medio reddito che insieme producono meno del 20% del reddito mondiale. I 45 Paesi meno sviluppati, che insieme rappresentano meno dell’1,4% del prodotto interno lordo globale, ospitano oltre il 21% di tutti i rifugiati a livello mondiale. Unica nota positiva: sono almeno 5 milioni gli sfollati interni ed 1 milione i rifugiati che sono riusciti a tornare a casa nel 2023.

Qual è allora il numero di rifugiati ad aver raggiunto l’Italia? In Italia, le persone titolari di protezione internazionale alla fine del 2023 erano circa 138.000, i richiedenti asilo 147.000 e oltre 161.000 i cittadini ucraini titolari di protezione temporanea su una popolazione straniera pari a complessive 3.727.706 persone. In Emilia-Romagna lo scorso anno sul numero complessivo di stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno (413.511) erano 35.176 i permessi di soggiorno rilasciati per asilo o protezione. In provincia di Ravenna su 31.900 soggiornanti stranieri erano 2.999 le persone con permesso per asilo o protezione internazionale. Anche per Ravenna si tratta di dati in crescita: nel 2017 ad avere permesso per asilo o protezione erano in 1.725. Nel Sistema di Accoglienza ed Integrazione (SAI), il Comune di Ravenna ha due progetti attivi. Al 30 settembre scorso quello per minori non accompagnati era praticamente al completo (67 posti utilizzati su 69 finanziati disponibili forniti da una serie di soggetti); quello per adulti vedeva 78 posti utilizzati su 94 (forniti da Cidas Coop. Sociale A.R.L.). Oltre a queste strutture si dovrebbero considerare quelle dei cosiddetti CAS (Centri di accoglienza straordinaria) attivati dalle prefetture dove l’accoglienza dovrebbe essere limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente nelle strutture del SAI. L’adozione del DL n. 20 del 10 marzo 2023 (c.d. Decreto Cutro) ha però escluso i nuovi richiedenti protezione dalla possibilità di beneficiare della rete SAI. Essi, pertanto, rimangono all’interno dei CAS (a meno di non rientrare tra i richiedenti asilo vulnerabili) come i minori con più di 16 anni.

A quanto detto si deve aggiungere che dal 31 dicembre 2022 sono state fatte sbarcare a Ravenna e subito in gran parte ridislocate 1.191 persone, salvate nel Mediterraneo dalle navi gestite dalle ONG, costrette per 11 volte a far scalo a Ravenna. L’ultima volta è stata quasi un mese fa, il 25 maggio scorso, e il Sindaco per l’occasione dichiarava: «L’anello di Ravenna è uno dei pochi che funziona in Italia, con il Governo che sceglie di prolungare il viaggio delle navi dalle zone SAR fino ai porti del nord, impedendo loro di salvare ulteriori vite nel Mediterraneo. Ma soprattutto non funziona il sistema dell’accoglienza nel nostro Paese. Queste persone, dopo aver ricevuto assistenza sanitaria e superato i controlli di polizia, entreranno in un limbo, aspettando di sapere se potranno ottenere un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. Se non lo riceveranno, diventeranno sostanzialmente clandestini. Mancano percorsi di insegnamento della lingua italiana e di inserimento nel mondo del lavoro strutturati. Il Governo fa solo propaganda, rifiutandosi di affrontare seriamente e umanamente il tema dei flussi migratori. Noi continueremo a batterci affinché i flussi migratori vengano gestiti con umanità e organizzazione».

Come Ravenna in Comune ci uniamo volentieri alla battaglia del Sindaco, tuttavia torniamo a ripetergli che è tempo per Ravenna di non limitarsi più alle sole proteste e di prendere atto di essere diventato stabilmente un porto di arrivo dove vengono dirottate le navi umanitarie. Strutturarsi per una gestione organizzata che non debba far punto a capo ogni volta non dovrebbe essere roba da fantascienza. Invece le navi sono fatte girare come trottole: qualche volta attraccano alla banchina di fronte alla Fabbrica Vecchia, altre volte a banchine commerciali, altre ancora al terminal passeggeri. Stesso discorso per quei passeggeri, particolarmente fragili, che vengono qualche volta dirottati al Pala de André, qualche altra gestiti direttamente presso la banchina di sbarco ed altre ancora spostati al circolo Canottieri alla Standiana! C’è il preciso dovere umanitario di non aggravare quello che è già un fardello pesantissimo per chi sbarca con sballottamenti dovuti a decisioni assunte di volta in volta come se tutte le volte fosse la prima volta.

L’Autorità Portuale si vanta di riuscire a far transitare dal porto di Ravenna già ora oltre 300mila crocieristi senza nemmeno una stazione marittima degna di questo nome. Non dovrebbe essere così difficile chiedere ad un Ente che ha annunciato «la messa a terra di un piano biennale da 3,2 miliardi di investimenti, di cui poco meno di 1,2 passeranno proprio dall’Autorità portuale di Ravenna» di sistemare in maniera decente almeno un pezzetto di porto perché anche i passeggeri delle navi di salvataggio ricevano un’accoglienza strutturata. Sindaco, vogliamo smettere di essere timidi e girare la richiesta a Rossi? Farlo nella giornata dedicata al rifugiato sarebbe la scelta giusta! Limitarsi a illuminare di blu il Teatro Alighieri, sinceramente, ci sembra un po’ poco…”

Ravenna in Comune