“La sanità emiliano-romagnola è in piena crisi. E anche Ravenna può portare esempi alla portata dell’esperienza comune: dallo sfascio del pronto soccorso al taglio delle automediche, dalle lunghissime liste di attesa per visite ed esami ai posti letto persi dal pubblico a vantaggio del privato, dalle chiusure di interi reparti (ginecologia come reparto autonomo a Ravenna, il punto nascite di Lugo, l’unità di terapia intensiva coronarica a Faenza) alla mancanza di personale a tutti i livelli, ecc.
Come non ascoltare, dunque, le voci che si levano in difesa della sanità pubblica? «Quello della privatizzazione del sistema sanitario non è un rischio ma è un processo già in atto. La sanità pubblica avrà un futuro solo se ci battiamo: è una battaglia politica e culturale che riguarda l’idea che abbiamo di società e di futuro. Ed è questo che dobbiamo fare capire alle persone, perché la destra ha un’idea molto precisa di società, ma non sono né fortissimi né imbattibili. Ma per vincere serve mobilitarsi. Quindi alla sinistra dico “alzati e cammina”». Parole importanti, condivisibili senza se e senza ma. Da applausi. Finché non si scopre che a pronunciarle è stato Vasco Errani durante un dibattito andato in scena alla festa regionale del PD a Cesena.
Ci sono persone, come il già senatore e soprattutto ex potentissimo Presidente dell’Emilia-Romagna, che possono permettersi di parlare di sanità con parole come queste solo perché l’opinione pubblica è affetta da smemoratezza cronica e nessuno (a parte Ravenna in Comune) osa suggerire una cura. Andrebbe allora ricordato che Vasco Errani potrebbe sedere a pieno titolo sul banco degli imputati in qualunque processo alle politiche che hanno condotto all’attuale disastro di quello che era un servizio sanitario di eccellenza.
Senza nessuna velleità di completezza, essendo assolutamente impossibile riassumere tutti i danni fatti nei 15 anni delle Giunte che ha presieduto (1999-2014), snoccioliamo di seguito solo alcuni tra i tanti colpi di piccone da lui assestati al sistema sanitario regionale. Va allora rammentato quel mostruoso accrocco da lui fortemente voluto e realizzato chiamato Ausl Romagna. L’accorpamento forzato tramite la Legge Regionale 21 novembre 2013, n. 22 delle Aziende Unità sanitarie locali di Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini tanta parte ha avuto e ha tuttora nell’aumento degli sprechi, delle inefficienze, delle lunghissime file d’attesa e nella promozione della sanità privata cosiddetta accreditata a spese (e a costo) di quella pubblica. Alla fine del suo mandato, nel solo anno 2013, in Emilia Romagna tra medici, infermieri tecnici sanitari erano stati cancellati 1.744 posti di lavoro qualificati. Già dal 2011, la Regione che presiedeva incentivava economicamente, con risorse pubbliche, la stipula di polizze sanitarie private per i dipendenti regionali. In articulo mortis, con la legge regionale 17 luglio 2014, n. 12, fatta approvare sul filo di lana dello scioglimento dell’Assemblea Regionale provocato dalle sue dimissioni, consegnava alle grandi imprese cooperative del settore mano libera nei servizi sociali, socio-assistenziali, socio-sanitari e sanitari mediante i meccanismi dell’affidamento e dell’accreditamento. Sotto di lui il sistema regionale si è arroccato in un asfissiante centralismo, un’arrogante burocrazia, che ha messo al centro una visione e una gestione economicista incapace di valorizzare la professionalità e l’esperienza degli operatori. Più calava il personale e più aumentavano i dirigenti e il loro costo: pratica che si è continuato a perseguire. E come esempi riteniamo possano bastare.
Disse (2011) il suo ultimo assessore regionale alla sanità, Carlo Lusenti: «il mestiere del pubblico non è gestire ma stabilire le regole». La politica di una sanità pubblica che dirotta i propri servizi sul privato assieme alle risorse pubbliche con cui dovrebbe direttamente gestirli sta tutta in questa frase. È a partire dall’operato consapevole di Vasco Errani che si è smantellato passo a passo il sistema sanitario pubblico regionale. Dunque, come Ravenna in Comune, non possiamo tollerare mistificazioni e presunte responsabilità da attribuirsi in esclusiva all’attuale governo nazionale di destra. Che certo è responsabile, ma dichiara esplicitamente che il suo modello non è quello pubblico ma quello privato regionale messo in atto in Veneto e in Lombardia. Al contrario del PD e dei suoi leader passati e presenti che raccontano una storia diversa ma praticano lo stesso modello di cui l’Emilia-Romagna è l’esempio eccellente (e per noi fallimentare). Centrodestra e centrosinistra vogliono la stessa cosa: una sanità pubblica in crisi per favorire la sanità privata. Giusto battersi per una sanità pubblica, allora, ma non a fianco di chi l’elogia a parole per combatterla nei fatti”.