C’è questa bella cosa che riesce ad emergere dal disastro dei giorni scorsi ed è la solidarietà all’opera. Persone che prendono su e partono, si inseriscono in gruppi e danno una mano indispensabile senza chiedere niente. Nessun obbligo ma un bisogno interiore, nessun orario di lavoro da seguire e la pausa non ha limiti contrattuali. Stanchezza ma anche il piacere di condividerla. Un’attività indispensabile perché è apparso subito chiaro che nonostante le forze in campo la dimensione del disastro era tale da rendere non sufficiente l’impegno dei “professionisti”. Talmente indispensabile che nessuno si è sognato di pensare che quelli che si sono voluti chiamare “angeli del fango” dovessero togliersi di torno per non intralciare la Protezione Civile «con conseguente pregiudizio del buon esito delle attività in corso e anche a tutela della loro incolumità e di quella degli altri». Ora qualcuno l’ha pensato e pure scritto: Prefetto e sindaci. Che si preoccupano anche del fatto che «la viabilità provinciale è stata seriamente compromessa dagli eventi alluvionali». Per cui rivolgono «un accorato appello a non mettersi in movimento». Certo poi manifestano anche gratitudine ma nel contesto di un addio: «Tutte le Istituzioni del Ravennate esprimono il loro più sentito ringraziamento a chiunque si sta attivando per dare una mano, sottolineando che ci sarà tempo e modo per tutti di offrire il loro supporto nel momento e nelle modalità più opportuni».
Il messaggio che si viene fuori dal disastro solo con l’aiuto di tutte e tutti, un aiuto un po’ anarchico, molto libero e poco lavoro subordinato, stava girando un po’ troppo, evidentemente, danneggiando quell’altro messaggio che recita, più o meno, ragazzi state fermi e buoni che gli adulti hanno da fare «perché i mezzi di soccorso e d’opera sono impegnati nei lavori di ripristino delle rotture arginali e delle infrastrutture primarie e secondarie danneggiate». Ora, a parte che la solidarietà non ha età, quello dei professionisti dell’emergenza è un apporto fondamentale ma non deve escludere l’altro della comunità che non vuole delegare solo ai professionisti il proprio salvataggio. Che, ad esempio, non accetta di abbandonare le proprie case solo perché i professionisti non sono in grado di svuotarle abbastanza velocemente, come sta accadendo a Conselice. Che, altro esempio, può contare sulle Brigate di Solidarietà Attiva e sui gruppi politici, associazionistici e anche del tifo organizzato che si sono spesi per aiutare in forma autorganizzata. Soprattutto l’aiuto delle volontarie e dei volontari così sbrigativamente “licenziate/i” da Prefetto e Sindaci serve ancora: ad oggi ci sono ancora abitazioni e luoghi che necessitano interventi e dove lo Stato con la S maiuscola non si reca. Senza la solidarietà attiva quando si potranno liberare dal fango?
Qualcuno è stato anche più spiccio e meno educato e al lavoratore che gli aveva anticipato che nel week end sarebbe andato a spalar fango ha risposto: «Sei un c…, un buffone, mi fai ridere. Vai pure ad aiutare, io mi troverò qualcun altro. Bye bye». Benché licenziato in tronco, il lavoratore non ha mutato opinione: «Da quando in qua i soldi sono più importanti della gente che sta male? Quelle due giornate mi hanno ripagato molto di più di un compenso economico. Vorrei solo far capire alla gente che i valori della solidarietà e dell’aiuto contano più dei soldi».
Come Ravenna in Comune siamo assolutamente d’accordo. Anche per noi è fondamentale «far capire alla gente che i valori della solidarietà e dell’aiuto contano più dei soldi». I «due miliardi di euro in 72 ore» sbandierati dalla Presidente del Consiglio non terranno a galla questa comunità in mancanza della solidarietà senza prezzo vista in questi giorni. E, proprio grazie al suo valore rivoluzionario, ci ostiniamo a guardare in avanti con ottimismo nonostante il fango istituzionale gettato ancora in queste ore su chi ha denunciato in anticipo le politiche che hanno favorito il compimento del disastro.