“In un Paese che ha conosciuto tentativi di golpe dei militari non è accettabile che un generale detti, come se fosse la cosa più normale di questo mondo, l’agenda per le prossime elezioni. In una Repubblica che si presume democratica, il voto per la scelta dei rappresentanti dell’Amministrazione Regionale, compreso chi deve assumere il ruolo di Presidente dell’Emilia-Romagna, è uno degli strumenti più importanti in mano alla cittadinanza. Un generale degli alpini, nominato commissario per l’emergenza causata dall’alluvione dello scorso anno, entra a gamba a tesa in questo processo democratico. Lo fa per escludere proprio l’alluvione, cioè l’evento che ha segnato un prima e un dopo in Romagna, dal dibattito che deve servire ad individuare quale strada dovrà seguire la Regione per aprire una stagione nuova segnata dal cambiamento climatico e dalla necessità di farvi fronte. «Elezioni Emilia-Romagna, Figliuolo ai candidati: “Non parlate di alluvione in campagna elettorale”» è uno dei tanti titoli giornalistici che rappresentano quanto avvenuto in un incontro formale svoltosi in Regione. Il generale Francesco Paolo Figliuolo ha incontrato il 31 luglio la presidente dell’Emilia-Romagna Irene Priolo, facente funzioni con delega alla Protezione civile, subentrata a Stefano Bonaccini, e i presidenti di Provincia e i sindaci dei comuni capoluogo. Presenti, tra gli altri, Michele de Pascale, sindaco di Ravenna e presidente della Provincia, Enzo Lattuca, sindaco di Cesena e presidente della Provincia di Forlì-Cesena, Matteo Lepore, sindaco della Città metropolitana di Bologna, e il vicesindaco di Forlì, Vincenzo Bongiorno.
Questo il diktat del generale, riportato dalla stampa: «Sarebbe bene non mettere un tema del genere (ossia la ricostruzione post-alluvione, ndr) nella campagna elettorale – avverte il generale – ma mettere le energie per fare bene quello che stiamo facendo per il bene dei cittadini». La premessa di un «secondo me» non attenua la gravità dell’accaduto. Ancora meno il fatto che nessuno dei presenti, ossia i rappresentanti dell’Amministrazione eletti, ovvero quel potere civile a cui in una Repubblica democratica il potere militare è soggetto, abbia contestato la palese incostituzionalità del diktat. E la situazione è ancora peggiore se si pensa che all’incontro partecipava proprio de Pascale, individuato dal centrosinistra quale candidato alla successione di Bonaccini, che non risulta abbia mosso alcuna obiezione. Non è che non abbia parlato, ma rispetto all’attacco portato alla democrazia nulla ha detto, proferendo invece appelli diretti ad avere più soldi. Come se tutto avesse un prezzo e tutto si risolvesse nello spuntare quello più alto…
Abbiamo attraversato un anno fa un passaggio epocale nella storia del nostro territorio. Solo a Ravenna il 16% del Comune nel maggio 2023 ha subito evacuazioni a causa degli allagamenti. Complessivamente in 17 giorni 350 milioni di metri cubi d’acqua hanno coperto circa 800 chilometri quadrati di territorio, interessando oltre 100 comuni di 7 diverse province. In pianura sono esondati 23 tra fiumi e corsi d’acqua, con altri 13 che hanno superato i livelli di allarme. In collina si è prodotto un migliaio di frane con la chiusura di 600 vie di comunicazione. I morti sono stati 17 e 20mila gli sfollati… Ma di tutto questo e soprattutto delle cause e dei rimedi, dice il generale nominato commissario, non si deve parlare. Tutto questo non c’entra con la democrazia. Non riguarda i civili, ma l’esercito, secondo questo pensiero. Quell’esercito che dai territori alluvionati si è tenuto ben lontano, impegnato a giocare alle grandi manovre in Sardegna e poi alla sfilata a Roma con quei mezzi di cui c’era disperato bisogno e a cui i volontari con le loro pale e i loro secchi non potevano sopperire.
Non ci stiamo. Non ci facciamo mettere in riga. La democrazia è tale proprio perché non lascia fuori la gente dalla discussione, ma fa in modo che le scelte siano compiute in modo consapevole e informate. E le scelte devono essere compiute dal popolo, appunto, non dai generali. Un anno fa Ravenna in Comune scriveva: «Il Generale ha spiegato bene quel che sa fare dicendo di sé: “Sono abituato a obbedire perché chi sa obbedire sa comandare”. Come Ravenna in Comune crediamo che abbia spiegato perfettamente perché è stato scelto, perché è la scelta sbagliata e, soprattutto, perché commissariare il dopo alluvione riproporrà esattamente il modello che ci ricondurrà diritto filato al disastro della prossima. La Romagna non è una caserma e un generale rischia di far solo danni».
La vicenda dell’alluvione porta delle responsabilità di cui si deve parlare e porta a prendere delle decisioni di cui pure si deve parlare perché toccano, letteralmente, la vita delle persone. L’alluvione è uno dei temi più importanti di cui parleremo nelle prossime campagne elettorali. Sia in quella per le elezioni di novembre che in quella per le elezioni di primavera. Non ci faremo commissariare la democrazia”.
Ravenna in Comune