«Dicono che finiscono il ponte entro dicembre? Mi farebbe piacere ma non vediamo nessuno al lavoro da settimane… Dopo la manifestazione di metà settembre ci aspettavamo che qualcuno ci venisse a parlare e invece nulla». Queste le parole dell’intervista rilasciata alla stampa da chi si è vista minacciare di violenze durante il Consiglio Comunale di martedì scorso. Per giunta senza ricevere nessuna scusa né da parte del consigliere che le ha avanzate né da parte di chi presiedeva il consiglio. Il consigliere in quota PRI, senza vergognarsene, aveva detto riferendosi alla cittadina di Savarna: «Si schiaccino le unghie a chi cerca di interrompere il consiglio comunale». La “rea”, che lo stesso consigliere chiede «si persegua penalmente», aveva “osato”, assieme ad altri residenti vicino al ponte, pretendere risposte dal Sindaco che, invece, continuava a menar il can per l’aia. Due le domande che ancora non hanno risposte credibili. Quando sarà nuovamente percorribile il ponte sul Lamone? Perché si negano ristori adeguati a tutti i residenti che continuano a subire le conseguenze dei ritardi?
Lo stesso martedì 11, a sera, al Palazzo dei Congressi, ha provato una residente di Punta Marina ad interloquire sul rigassificatore, il tema dell’incontro pubblico. A differenza della residente di Savarna le è stato consentito di parlare. Che non vuol dire che si sia preso in considerazione quel che diceva. Irrisa senza vergogna da quella parte di platea che sedeva nei posti “riservati”, le poltroncine del semicerchio appositamente messo a protezione del tavolo delle Istituzioni. Avendo scoperto di abitare a poche centinaia di metri dalla stazione di terra del rigassificatore, chiedeva (tra gli altri problemi del progetto) ragione del fatto che l’unica modifica importante adottata da SNAM, su richiesta del Comune, fosse stata proprio quella di liberare le aree di un lottizzatore. Liberando i terreni del lottizzatore e avvicinando la stazione con tanto di camino di sfiato a casa sua. «Se lo sono potuti permettere a Punta Marina, la cenerentola dei lidi. A Cervia non gli passa neanche per la testa. Non è mica vero che va tutto bene, madama la marchesa. Ho mandato una pec al sindaco il 29 agosto e sto ancora aspettando la risposta» ha concluso insoddisfatta.
È facile riconoscere l’arroganza a cui il potere locale si è abituato, l’andazzo su cui si è comodamente adagiato nel rapporto (o, meglio, nel non rapporto) con la cittadinanza. Il confronto e il dialogo con la cittadinanza sono del tutto evitati dalle Istituzioni. Il Sindaco, ma non solo lui, è abituato ad un racconto senza interruzioni. Lui e i suoi colleghi di potere parlano, preferibilmente alla stampa, meglio ancora per note scritte, senza prevedere replica da parte di chicchessia. L’unica parola apprezzata è quella di chi dice che va tutto bene e magari ringrazia pure. Le critiche e le domande sono un affronto da stigmatizzare o ignorare. Chi fa domande, del resto, non riceve mai risposta. Come Ravenna in Comune ne sappiamo qualcosa. Non ne riceviamo adesso che siamo fuori dal Consiglio, ma anche come opposizione consigliare non è che le cose andassero particolarmente meglio.
Alle ultime elezioni quasi 35mila ravennati hanno rinunciato al voto, poco meno del 30 per cento di chi ne aveva diritto. Temiamo che questo importi poco sia a de Pascale che a la claque che lo sostiene. Alle ultime elezioni nessuno del PD ha ottenuto l’elezione nei confronti diretti nella circoscrizione ravennate sia per il Senato che per la Camera. Forse della sconfitta chiara e netta qualcosa invece a de Pascale importa. Non abbastanza, però, per cambiare modo di rapportarsi con chi dovrebbe rappresentare. Rappresentare, non governare, caro Sindaco. I ravennati stufi di essere trattati come sudditi di un regno non ufficialmente dichiarato sono in aumento. Prima o poi toccherà anche a de Pascale dover pagare il conto dell’arroganza del potere.