“Il porto è di Ravenna o ormai di altri? Abbiamo dato conto qualche mese fa (“Porto aperto per chi parte“) della serie di vendite ed uscite di scena da parte di storiche famiglie padronali (pardon, “imprenditoriali”) ravennati. Non avevamo potuto parlare dell’ultima della serie per quanto, per il momento, la notizia data dal Corriere della Sera e avallata dai principali notiziari settoriali, sia stata smentita dai vertici amministrativi della Società. Si tratta di Rosetti Marino che già, come Ravaioli, aveva dato corso alle cessioni vendendo un terminal ai cinesi (pardon, “l’italianissima” Ferretti). Solo che, mentre Ravaioli e la Nadep Ovest ora appartengono al passato del porto, Rosetti è ancora operativa, a parte per l’uscita di scena dal mondo dei grandi yacht. In particolare riceve molte commesse da SAIPEM, compresi i lavori off-shore relativi al rigassificatore recentemente acquistato dalla stessa SAIPEM: un intervento tutt’altro che semplice che è stato sottoposto ad una radicale riprogettazione a causa delle negatività del punto di ormeggio davanti a Punta Marina. Altro grosso business, sempre grazie a SAIPEM, è nella “discarica” (“più grande del mondo” secondo ENI) di CO2 al largo di Ravenna. Non stupisce, dunque, che se il 56,6% di Rosetti (quello in vendita, secondo il Corsera) è detenuto direttamente dalla famiglia del fondatore (con la holding Rosfin), un bel 20% ce l’ha in saccoccia proprio SAIPEM. Secondo la stampa, interessati all’acquisto sarebbero multinazionali quali l’indiana Larsen & Toubro, la malese Bumi Armada e la sudcoreana Daewoo Engineering.
In attesa che trovi conclusione l’ultima, solo in ordine di tempo, delle operazioni di mercato che interessano lo scalo, si è invece trovata la quadra nella vendita del gruppo Setramar ad un fondo americano, Davidson Kempner. Alla famiglia del fondatore, in questo caso, secondo quanto ufficializzato, dovrebbe rimanere solo il 30% di quell’insieme di terminal ed aziende portuali che costituisce il gruppo: oltre alla stessa Setramar, i terminal Lloyd Ravenna, Soco, quote in Eurodocks e le società di spedizione Setrasped e Marisped. Un precedente tentativo di acquisto, non concretizzatosi, lo aveva già fatto 5 anni fa il gruppo pubblico SAPIR. Abbiamo già detto della vendita di Nadep Ovest al Weichai Group della Repubblica Popolare Cinese (che controlla Ferretti) con la conseguenza ulteriore della definitiva chiusura di un terminal portuale visto che le nuove attività saranno naturalmente relative alla cantieristica come per l’infrastruttura portuale acquistata invece da Rosetti. Vanno poi ricordati i rimorchiatori della SERS, già della famiglia Vitiello (originaria di Napoli ma a Ravenna da decenni), che ora appartengono al grande gruppo ginevrino MSC. E poi Itelyum, un grosso gruppo specializzato nel settore oli esausti controllato da un fondo londinese, ha acquisito la stragrande maggioranza dei due insediamenti di Secomar e Ambiente Mare, comprandoli dalla famiglia ravennate dei Cirilli. E si potrebbe continuare.
Riproponiamo dunque, con maggior forza, le conclusioni che abbiamo avanzato come Ravenna in Comune ma che non hanno suscitato né attenzione né dibattito nelle forze politiche cittadine.
«Se guardiamo al passato, anche recente, ci accorgiamo che, prescindendo dall’irrilevante occupazione di qualche poltrona, le Istituzioni non stanno dando alcun impulso alla direzione in cui dovrebbe muoversi il porto. A parte alcune battute di dubbio gusto (qualcuno ricorderà, forse, quella sull’antifascismo dei fondali…) lo stesso de Pascale si è limitato a seguire quanto altri (privati) hanno dettato, mancando di visione propria e di qualunque disegno per quello che, invece, è patrimonio della collettività e dovrebbe avere come prima missione il benessere di quest’ultima, non di pochi selezionati singoli. Dunque, vien da dire, poco cambierà per il Sindaco & soci dal nuovo assetto del porto. Come Ravenna in Comune, invece, rileviamo come si stia definitivamente perdendo da parte della collettività che lo ha realizzato, con costi pubblici (ma anche umani) altissimi, la possibilità di incidere su fattori quali impatto occupazionale, economico, ambientale di quella che è ancora la più grande industria ravennate: il porto. Le conseguenze si sentiranno maggiormente negli anni a venire. Se non ci si pone rimedio il porto sarà sempre più aperto solo a nuove partenze ravennati e nuovi ingressi di proprietari non ravennati. Manchiamo di ottimismo: da quando siamo fuori dal Consiglio Comunale, infatti, anche il tema del “porto” sembra aver abbandonato le sedi della rappresentanza popolare per accomodarsi, forse più confortevolmente, nei lontani salotti delle multinazionali». Ravenna e la comunità ravennate non meritano questo pesantissimo silenzio né le sue conseguenze sui destini del porto.”