“C’è un politico di lungo corso ravennate (originario di Alfonsine) del quale si può dire che sin da quando era segretario del PD bazzicava con le “barbe finte” (nel gergo giornalistico: spie e controspie) senza tema di beccarsi una querela. Infatti è Alberto Pagani a raccontarlo come se fosse un normale passaggio professionale nell’enunciare il proprio curriculum vitae in una intervista uscita la vigilia di Natale. Pagani, vale la pena ricordarlo, è stato segretario provinciale del PD dal 2008 sino all’elezione a deputato per lo stesso partito, ruolo conservato fino alle elezioni dello scorso anno. E prima del PD aveva accumulato incarichi anche nei DS e per i DS sia nel partito che nelle istituzioni. Parallelamente, però, è stato ed è attivo nel «vasto e magmatico fronte della sicurezza»
Il suo lavoro attuale? «Il mio lavoro serve a fare analisi delle situazioni di crisi, militare, cibernetico, geopolitico e offrire quindi a chi deve intervenire, soprattutto il Governo, strumenti di comprensione e suggerimenti». Che nello specifico cosa significa? «Continuo a fare l’analista sul fronte della sicurezza, collaboro con società collegate ai Governi, fra gli amici ho ex funzionari Cia e dell’antiterrorismo israeliano». E da quanto tempo è “l’amico delle barbe finte” (questo il titolo dell’articolo) e chi sono i suoi referenti in questo campo? Otteniamo la risposta da una precisa domanda del giornalista: «Da trent’anni si occupa di sicurezza a più livelli: con quali referenti ha avuto proficui canali di confronto?». Pagani fa alcuni nomi: «l’ex ministro Minniti, più volte con delega ai servizi segreti, con cui ho lavorato e lavoro»; «Franco Gabrielli, cui il premier Draghi aveva dato la delega all’intelligence»; e poi, naturalmente, «alcuni generali e come dicevo, funzionari dell’Intelligence straniera».
Insomma, per farla breve, Pagani dichiara che si può benissimo svolgere incarichi direttivi in un partito politico, quanto meno se questo è il PD, ed avere incarichi istituzionali, quanto meno per quello stesso partito, mentre si sviluppano, in piena consapevolezza, «proficui canali di confronto» con «funzionari dell’Intelligence straniera». Negli anni “70, durante l’infanzia di Pagani, un potentissimo e stimatissimo politico socialdemocratico tedesco, Willy Brandt, all’apice del successo e del favore degli elettori, fu costretto alle dimissioni da cancelliere perché risultò che aveva intrattenuto quelli che potremmo chiamare «proficui canali di confronto» con un funzionario di una intelligence straniera, benché Brandt non ne avesse avuto alcuna consapevolezza visto che quest’ultimo portava “la barba finta”. Comprensibilmente venne ritenuto incompatibile con la tenuta democratica la possibilità che un intreccio tra politici e “servizi stranieri” ne potesse condizionare lo sviluppo. E ciò nonostante l’assoluta inconsapevolezza dei politici allora coinvolti. Sulla vicenda di Pagani di cui abbiamo riferito sopra nessun commento è stato espresso dal suo partito, in genere, e da chi ebbe a sostituirlo nel ruolo di segretario provinciale del PD, in particolare. Cioè Michele de Pascale, attuale Sindaco di Ravenna.
Come Ravenna in Comune, a differenza di quanto evidentemente ritiene il PD, non accettiamo che si possa far passare il concetto per cui stare nelle istituzioni e nella direzione di un partito che si vuole democratico mentre al contempo si sviluppano «proficui canali di confronto» con «funzionari dell’Intelligence straniera» sia degno di un “paese normale”. Attendiamo che il Sindaco di Ravenna, già segretario provinciale del PD di Ravenna, assuma una ferma posizione in proposito stigmatizzando la vicenda. Domandiamo invece all’attuale segretario provinciale del PD, Alessandro Barattoni, se i vertici locali del suo partito continuino a coltivare quel tipo di «proficui canali di confronto».”
Ravenna in Comune