“Il mondo è pieno di analisti del voto (come di allenatori di calcio e meteorologi, del resto). Più rari quanti si avventurano a ragionare del non voto già qualche attimo dopo l’arrivo delle prime notizie sui voti effettivamente scrutinati. Come Ravenna in Comune, invece, prestiamo grande attenzione al tema, in quanto è alle radici stesse della forma rappresentativa, ossia di quella tipologia che in Italia e negli altri paesi del blocco cosiddetto occidentale è considerata come l’unica a potersi fregiare del titolo di democrazia.

È perciò importante considerare che in Italia il corpo elettorale potenzialmente titolato a riporre la scheda nell’urna non era molto diverso, numericamente, in queste elezioni europee da quello di 5 anni fa. 51.198.828 nel 2024 rispetto ai 50.974.994 nel 2019. Ai due appuntamenti ha disertato circa un elettore su due. In effetti però sta andando sempre peggio perché i numeri crudi raccontano che la differenza tra voto e non voto negli ultimi cinque anni è cresciuta di circa sei punti percentuali (in meno!). In Italia era infatti andato alle urne il 56,9% degli aventi diritto nel 2019 ed invece l’affluenza si è fermata al 49,69% nel 2024. Che, considerando il dato dei votanti all’estero, risulta ulteriormente inferiore fermandosi al 48,3%!

Anche a livello comunale non ci sarebbe stata una gran differenza tra il numero di potenziali elettori del 2019 (122.247) e quello del 2024 (125.989). A Ravenna a votare nel 2019 si era recato il 63,67% del corpo elettorale, precipitato ora al 52,98%. Quindi abbiamo avuto un calo di oltre il 10%, un calo ben superiore a quello registrato percentualmente a livello nazionale. Anche se restiamo seppur di pochissimo sopra la linea che separa il bicchiere mezzo vuoto da quello mezzo pieno si tratta di un disastro per la democrazia.

Se lo sguardo sulle preferenze accordate ad un singolo partito perde di vista il non voto, allora, è come se una persona fortemente miope affrontasse la guida di un mezzo dimenticandosi a casa gli indispensabili occhiali correttivi. Elly Schlein, ad esempio, ha aumentato la possibilità (non così scontata alla vigilia) di mangiare il panettone seduta sulla poltrona da segretaria del PD. Infatti i dati ufficiali delle odierne elezioni attribuiscono al suo partito il 24,1% del voto (Italia+Estero) in crescita rispetto alle precedenti europee, in cui il partito guidato da Zingaretti si era fermato al 22,74%. E, soprattutto, rispetto alle politiche del 2022 in cui il PD a guida Letta non era andato oltre il 19,1%. Se guardiamo al numero effettivo dei votanti, però, ci accorgiamo che il confronto tra 2019 e 2024 vede un sensibile peggioramento del dato quanto ad elettori in carne ed ossa. Salta infatti fuori che, tra le due elezioni per il parlamento europeo, il PD è stato abbandonato da quasi mezzo milione di elettori (-456.649), passando dalle 6.089.853 preferenze del 2019 alle 5.633.204 di questa tornata elettorale. Mentre il recupero di ben 5 punti percentuali nelle europee appena svolte, rispetto alle politiche del 2022, dal punto di vista dei votanti effettivamente “recuperati” (+277.024), non giustifica quel “risultato straordinario” che la segretaria del PD ha spacciato ieri in conferenza stampa. Di fatto, ad oggi, il maggior partito del centrosinistra è rifiutato in Italia da 9 elettori su 10, “conquistando” non più dell’11% dell’elettorato attivo a livello nazionale.

Non è meno interessante tenere “gli occhiali da miope” anche quando si guarda al risultato del voto europeo, espresso nel comune di Ravenna, prendendo sempre a spunto il dato del Partito Democratico. Il PD ha infatti agguantato il 37,85% dei votanti. Ed anche qui l’entusiasmo è andato alle stelle, considerato il 32,98% delle europee 2019. Il segretario provinciale del PD si è messo a raccontare della propria “grande soddisfazione per la vittoria del Partito Democratico e della conferma della fiducia dei cittadini”. E, scopiazzando Schlein in cerca del suo appoggio alla propria autocandidatura per sostituire Bonaccini, anche de Pascale strombazza che “il risultato è straordinario”. Meglio sarebbe stato, invece, prima di iniziare il gran ballo, considerare i numeri veri, non fermandosi al dato percentuale: nel 2019 erano stati in 25.148 a votare PD e tra sabato e domenica, invece, hanno messo la croce sul simbolo circa un migliaio di meno: 24.153. Il “risultato straordinario” di Ravenna, dunque, seppur sensibilmente migliore di quello nazionale certifica pur sempre che 4 elettori su 5 nel nostro Comune non hanno dubbi nel respingere fermamente la proposta del PD, accolta ancora da circa il 19% dell’elettorato attivo sul territorio.

Una classe politica “sana”, con gli occhiali “giusti”, rifletterebbe sui motivi che hanno visto Ravenna allontanarsi progressivamente dai livelli di partecipazione da record alla vita democratica che erano un tempo dati quasi per scontati. A livello europeo conquistammo il trofeo europeo di civismo per la più alta partecipazione per ben tre volte: nel 1979, nel 1989 e nel 1994. Dall’ultimo record raggiunto trenta anni fa siamo passati ad un altro record, quello per astensionismo, con un ravennate su due che evita il voto. Come Ravenna in Comune commentavamo dopo le politiche del 2022: «Se perfino a Ravenna le urne vengono disertate, la malattia della nostra democrazia è grave. Le democrazie malate sono spesso sottoposte a cure drastiche. Interventi invasivi da tavolo operatorio. E vale anche per le democrazie quella famosa battuta per cui “l’operazione chirurgica è perfettamente riuscita ma il paziente è morto”. Le vicende che presero le mosse proprio cento anni fa dovrebbero pur ricordarci qualcosa». Sono passati 100 anni dall’assassinio di Matteotti, colpito proprio per il suo impegno civico nel contrasto democratico del fascismo. Ricordiamoci allora che non possiamo abbandonare la nostra democrazia in mano a politici che lanciano i loro chicchirichì (o coccodè) dietro a vuote percentuali, fregandosene degli elettori veri che disertano le urne.

Come Ravenna in Comune siamo gravemente preoccupate e preoccupati del fatto che a Ravenna e in Italia la metà delle elettrici e degli elettori abbia rinunciato a partecipare alla democrazia rappresentativa. Ribadiamo oggi più che mai il nostro impegno democratico a dar loro una ragione per ritornare al voto.”