Come Ravenna in Comune abbiamo sempre ritenuto prevalente l’interesse della collettività su quello di portar voti alla lista attraverso una opposizione a prescindere dai contenuti. È d’altra parte innegabile che solo molto raramente ci troviamo a condividere le posizioni della maggioranza. Comunque, in piena coerenza con questa impostazione, avevamo sostenuto la posizione dell’Amministrazione de Pascale quando, nel corso del primo mandato, è finalmente giunta ad un confronto con il potente mondo delle sale gioco. Altrettanto coerentemente abbiamo sostenuto la posizione della Regione dal momento in cui (2017) ha introdotto importanti limiti all’esercizio di quella che per la legge italiana resta un’attività pienamente lecita ed economicamente rilevante.
Il nucleo centrale delle disposizioni che limitano l’attività “del gioco” consiste nel divieto di una prossimità, stabilita in 500 metri, a luoghi cosiddetti sensibili caratterizzati dalla presenza di scuole, chiese, oratori, impianti sportivi, residenze per categorie protette, cinema, strutture socio-sanitarie o anche centri dove i ragazzi sono soliti ritrovarsi. Per capirsi, «il Cinema City appare luogo notoriamente frequentato da giovani e anziani e dunque, per definizione, sensibile». A metterlo nero su bianco è il TAR Emilia Romagna che ha respinto i ricorsi presentati contro la decisione del Comune di Ravenna di chiudere, pur consentendo la delocalizzazione, 22 sale gioco. Nel mettere a confronto la tutela dell’iniziativa imprenditoriale e quella della salute pubblica il giudice amministrativo è stato estremamente chiaro: prevale sempre la salute pubblica perché «il contrasto alla ludopatia è motivo imperativo di interesse generale». È stata riconosciuta anche la piena legittimità della disposizione quadro del legislatore regionale. «È intervenuto per evitare la vicinanza di sale e apparecchi da gioco a luoghi dove si radunano persone ritenute emotivamente più esposte all’illusione di guadagni facili e cioè al rischio di cadere vittime della dipendenza del gioco d’azzardo» ha stabilito il TAR.
Bene ha fatto dunque il Comune di Ravenna, assieme ad altri comuni della provincia, a resistere al ricorso presentato dall’imprenditoria del gioco coinvolta dalle chiusure. Citando un vecchio tormentone (di Cochi e Renato): «Bene bravo settepiù». Ed ora che c’è l’avvallo del primo grado della giustizia amministrativa: «Continua così».