Martedì in consiglio comunale il sindaco ha rinunciato a svolgere un proprio intervento in quanto il pubblico presente in sala cercava di intervenire a sua volta. Era in discussione la vicenda del ponte sul Lamone, l’ennesima incompiuta della Giunta de Pascale. I cittadini delle frazioni interessate hanno portato direttamente a Palazzo Merlato il disagio che già avevano manifestato con cortei di protesta prima delle elezioni. La richiesta impellente è di avere elementi di certezza sulla conclusione dei lavori e un riconoscimento economico per quanto sopportano da troppo tempo. Si sono sentiti presi in giro da un sindaco che ha fatto approvare in fretta e furia dei micro ristori del tutto inadeguati e che non è ancora in grado di produrre un cronoprogramma dei lavori. La reazione dei cittadini intervenuti nella sala consigliare, per quanto pacata nei modi, è stata ferma nel replicare ad un sindaco che provava per l’ennesima volta a svicolare dalle responsabilità citando generali problemi che interessano la realizzazione delle opere pubbliche in Italia e i ponti in particolare. In buona sostanza gli hanno detto che sono stufi di questo trattamento: nessuno che si prenda la briga di andare nel forese a dare le spiegazioni richieste e un atteggiamento percepito come di mancanza di rispetto quando sono i cittadini ad andare a cercare ragione direttamente nel Palazzo.
Poiché l’interlocuzione col pubblico non è ammessa dal regolamento del consiglio, la seduta è stata sospesa. Alla sua ripresa da parte di molti consiglieri si è guardato al dito perdendo di vista la luna: invece di un mea culpa per le mancanze dell’azione politica nel risolvere i bisogni dei cittadini si è preferito biasimare i cittadini per aver interrotto il sindaco. Qualcuno dalla maggioranza (il consigliere in quota PRI) ha addirittura chiesto: «Si persegua penalmente chi è intervenuto in questa sede e ha interrotto i lavori del consiglio comunale. Altrimenti oggi si entra con un cartello e domani sarà anche peggio. Si schiaccino le unghie a chi cerca di interrompere il consiglio comunale».
Come Ravenna in Comune abbiamo seguito durante tutta la precedente consigliatura la travagliata, per responsabilità dell’Amministrazione de Pascale, vicenda del rifacimento del ponte di Grattacoppa. Gettare la colpa sui recenti rincari delle materie prime per una incapacità gestionale vecchia di anni e anni è semplicemente oltraggioso per chi conosce come sono andate le cose e le vive tutti i giorni sulla propria pelle. Quanto accaduto ieri è rappresentativo di una modalità di gestione della cosa pubblica che se qualcuno chiamasse “arroganza del potere” non sarebbe lontano dal vero. Lo schema è sempre lo stesso: cittadini che devono subire le conseguenze di azioni o mancate azioni da parte della maggioranza che sostiene de Pascale, che non vengono tenuti in alcuna considerazione e che, quando perdono la pazienza e provano a bucare il muro di gomma che PD & soci alzano loro attorno, vengono fatti oggetto di biasimo, se va bene, o di repressione, se va male.
Vale per gli abitanti di Savarna, Torri, Grattacoppa e dintorni in relazione al ponte sul Lamone. Vale per gli abitanti del quartiere San Giuseppe sanzionati per aver osato esporre cartelli di protesta contro la reiterata mancata attenzione verso le condizioni di invivibilità causate dal piano traffico comunale. Vale per i cittadini che contestano il ribaltamento della decisione di non fare un rigassificatore che l’attuale sindaco ha assunto d’autorità in assenza di confronto democratico. Eccetera.
Ravenna in Comune ricorda a chi siede in Consiglio Comunale che occupa quei posti in rappresentanza della cittadinanza, non in forza di diritto divino. La mancata attenzione dei bisogni dei territori che, specie per il forese, è sempre più accentuata, costringe la cittadinanza ad assumere comportamenti autonomi dalla democrazia rappresentativa. Prima di offendersi per la lesa maestà nei confronti del rispetto dovuto alle Istituzioni, queste dovrebbero chiedersi se servono a qualcosa oltre che alla perpetuazione di un determinato ceto politico. Come Ravenna in Comune esprimiamo vicinanza a tutte le lotte svolte democraticamente e in assenza di atti violenti. Le minacce alla democrazia non vengono dalla cittadinanza ma piuttosto da chi parla di schiacciare le unghie alla popolazione solo perché questa chiede invano di essere ascoltata. È un segno dei tempi che il più violento a esprimersi nei confronti dei cittadini che non accettano di sottomettersi come sudditi sia stato proprio uno che si dice repubblicano…