Lo scorso 20 aprile l’attuale sindaco Michele de Pascale ha premiato con la medaglia Città di Ravenna Tomaso Tommasi di Vignano, che a fine mese lascerà l’incarico di presidente di Hera, ruolo che ha ricoperto per più di 20anni. Più precisamente ne ha accompagnato la costituzione. Alla cerimonia ha partecipato un precedente sindaco, quel Vidmer Mercatali che qualche tempo fa ricordava di essere stato «capofila per la Romagna nella trattativa». Raccontava: «Ci difendemmo bene perché eravamo una squadra unita. Capitò, la notte prima della quotazione in borsa, che mi chiamasse Rusticali per dirmi che le aziende forlivesi volevano una quotazione più alta di un milione e mezzo. In macchina andai a Rimini da Ravaioli, incontrai Conti in una pizzeria a Cesena alle due di notte. Furono disponibili a rinunciare a qualcosa, come Ravenna, per risolvere il problema di Forlì. Telefonai a Rusticali alle tre di notte, chiudemmo la partita».

Quel mondo lì non ci appartiene. Si tratta del mondo politico che ha privatizzato i servizi pubblici mettendoli a disposizione del capitale privato per far sorgere una società multiservizi che lucra sugli stessi servizi che prima fornivano i Comuni. Tra i quali il Comune di Ravenna che aveva la piena titolarità delle aziende municipalizzate con le quali gestiva il ciclo dei rifiuti, dell’acqua e la fornitura di gas a vantaggio della propria cittadinanza. Ora quegli stessi servizi sono prestati da Hera di cui Ravenna Holding, la cassaforte che il Comune di Ravenna controlla per più dei tre quarti delle quote, non arriva a detenere nemmeno il 5% delle azioni. Di fatto il Comune non ha nessuna capacità di condizionarne l’operato. E si vede.

Se guardiamo al ciclo dell’acqua, il Comune si è ben guardato dal dare attuazione alla volontà popolare che con il referendum del 2011 aveva ottenuto la ripubblicizzazione. Eppure la manutenzione che Hera dovrebbe prestare ci fa buttar via un quarto della preziosa acqua potabile immessa da Romagna Acque: 10 milioni di metri cubi a livello di provincia nel solo 2020.

Spostandoci ai rifiuti e lasciando da parte una generale insoddisfazione per il servizio fornito, resta il sospetto che il Comune si sia fatto profondamente condizionare dalle politiche commerciali di Hera visto il ritardo accumulato rispetto agli altri comuni della Regione nella riduzione della quota di indifferenziato destinato a discarica. In “compenso” il costo del servizio è in deciso aumento.

Dell’aumento del gas, intendendo la speculazione che nell’ultimo anno ha spostato decisamente in su il suo costo per l’utenza, hanno poi sicuramente beneficiato i conti della multiservizi. Non si vede però quale vantaggio abbia arrecato anche in questo caso la privatizzazione a suo tempo decisa.

A proposito di conti, il gruppo ha appena approvato il bilancio per l’anno appena trascorso in cui ha accumulato ricavi per 20.082 milioni di euro, quasi raddoppiati rispetto al 2021 (+90,3%), e 322,2 milioni di euro da distribuire agli azionisti (12,5 centesimi di euro per azione).

Già un anno fa ci interrogavamo pubblicamente più o meno con queste parole: «Hera macina soldi, indubbiamente. Ma quali sono i vantaggi che effettivamente ha portato a chi l’ha costituita? Ci abbiamo pensato a lungo. Ci sono venute in mente solo le porte girevoli riservate agli uomini del partito del Sindaco». Le conferme non sono mancate con le nomine dei ravennati di turno quest’anno: consiglieri regionali del partito, ex segretari comunali del partito, ex assessori dello stesso partito ne sanno qualcosa.

Ravenna in Comune sostiene che il Sindaco meglio avrebbe fatto a risparmarsi e a risparmiarci la scenetta del premio attribuito a Tomaso Tommasi di Vignano. Ha avuto sicuramente ragione quando ha detto che quelli del presidente uscente «Sono stati 20 anni che hanno segnato profondamente la storia di Hera, della nostra regione, ma anche della nostra città», ma quello che ha omesso è che il segno è stato profondamente negativo. Tranne che per Tommasi, a dire il vero, per il quale tutti i milioni di compenso intascati nello stesso ventennio (773.242 euro nel solo 2022) non dubitiamo abbiano rappresentato un bel segno positivo sul conto corrente.”